Se l’economia espelle gli ultimi della Terra

Tanto nell’Occidente sviluppato quanto nel Sud del Mondo, con tratti diversi ma in una logica di sistema, l’economia globale del Terzo millennio appare oggi selettiva, feroce, brutale ed espulsiva. Così la dipinge almeno Saskia Sassen, sociologa ed economista americana, che aggiunge un altro tassello alla sua costruzione teorica, iniziata un ventennio fa con l’elaborazione del concetto di “città globali”. La studiosa sposta l’attenzione dal tema della crescita della disuguaglianza a quello dell’espulsione. Un fenomeno sviluppatosi a partire dagli anni ’80 del Novecento e che riguarda anzitutto i Paesi in via di sviluppo, sempre più vittime di spoliazioni sul piano economico e delle risorse naturali: vuoi quali fornitori di manodopera a basso costo e luoghi prescelti per l’outsourcing dalle grandi multinazionali, vuoi con le acquisizioni di terra finalizzate a soddisfare la crescente domanda di raccolti industriali e il relativo impoverimento delle popolazioni locali, “sfrattate” dalle aree rurali e costrette alla fuga verso le periferie urbane degradate, quando non obbligate all’emigrazione.

Ma è un fenomeno che tocca nel vivo anche i Paesi ricchi, dove emergono la graduale riduzione del ceto medio, l’aumento del numero di disoccupati e di lavoratori a basso reddito tagliati fuori dai sistemi di welfare State e l’impennarsi della popolazione carceraria, conseguenza dell’impoverimento e dell’emarginazione.

Il grosso della riflessione teorica della sociologa americana è dedicato alle logiche di fondo dell’economia globale emerse negli ultimi due decenni del Novecento, allorché sarebbero mutati i meccanismi tradizionali dell’accumulazione originaria sotto la spinta delle «formazioni predatorie», vale a dire «una combinazione di élite e capacità sistemiche, il cui fondamentale fattore abilitante è la finanza, che spinge il sistema in direzione di una concentrazione sempre più acuta» (p. 20). La nuova tendenza espulsiva è talmente forte da ridefinire gli spazi stessi dell’economia, contraendola. È quanto sta accadendo, ad esempio, nell’Unione Europea. Qui, dopo la crisi finanziaria esplosa nel 2008 e concretizzatasi drammaticamente nel fenomeno dell’espropriazione della casa di milioni di proprietari non più in grado di pagare il mutuo, poveri e disoccupati ma anche ex componenti della borghesia commerciale e della piccola imprenditoria falliti e costretti a emigrare stanno scomparendo sotto la spinta delle politiche di austerity dettate ai Governi dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazionale. Altro fenomeno espulsivo è quello delle acquisizioni di terra su vasta scala (il land grabbing). Sassen dimostra come esso abbia portato la fame in zone che non ne avevano mai sofferto. Sotto un titolo a effetto (“Terre morte, acque morte”) il capitolo finale del volume indaga sulle pratiche di “aggressione” alla biosfera condotte a più latitudini e in diversi ambiti (agricolo, industriale, estrattivo) dall’uomo con il sostegno delle più recenti innovazioni tecnologiche. Si tratta di pratiche che hanno diffusione globale e che impattano in modo pesantissimo sull’ambiente, sia in termini d’inquinamento di terra e acqua – provocando masse enormi di sfollati (800 milioni di persone già coinvolte) – sia in termini d’incremento delle emissioni in atmosfera e, dunque, nel medio-lungo periodo, di surriscaldamento del pianeta. Non vengono espulse solo le persone, ma interi segmenti della biosfera, tramutati per l’appunto in «terre e acque morte».

Saskia Sassen - Espulsioni - Brutalità e complessità nell’economia globale - Il Mulino, Bologna 2015, pp. 296, 25 euro

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