Se l’Angelo dell’oblio porta ricordi di morte

«La guerra soggioga un paesaggio». Vi affonda gli artigli stravolgendone i tratti e segnando indelebilmente chi ci vive. Lo sanno la nonna e il padre della protagonista di questo romanzo, esordio della scrittrice e poetessa austriaca di madrelingua slovena Maja Haderlap. Una, espressione del mondo magico della millenaria cultura contadina della Carinzia, porta le ferite della deportazione nel lager femminile di Ravensbrück, mentre l’altro lotta contro i fantasmi e gli strascichi (iracondia e alcolismo) degli anni di privazioni trascorsi fra i partigiani. L’Angelo dell’oblio, che nella mitologia ebraica cancella la memoria dei nascituri, ha portato l’A. fra i resti e i frammenti (diari e ricordi personali dei sopravvissuti) di quella macchina di morte e alienazione che è stata la seconda guerra mondiale fra Austria e Slovenia. E si è fatto narrazione. Una narrazione che alterna i tempi lenti del quotidiano all’incalzare ritmato della riappropriazione del passato da parte della voce narrante: erede, come nipote e figlia, ma soprattutto voce, attraverso la scrittura, di quello stesso passato.

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Maja Haderlap, L’angelo dell’oblio, Keller Editore, Trento 2014, pp. 294, 16,50 euro

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