Radetzsky, l’idea fissa di Roberto Barbolini

Provaci ancora Radetzsky di Roberto Barbolini (Modena 1951) è sicuramente uno dei migliori romanzi usciti in questi ultimi anni per capacità affabulatoria, d’invenzione, di stile, e per quel continuo oscillare tra dato, storia, cultura, digressioni, in un sottile gioco fra realtà e sopra realtà immaginativa, che bene rende la realtà esplosa dei nostri tempi. Muovendosi nella grande tradizione europea dello sternismo e della “realtà bislacca”, tale da essere definito da Cesare Garboli «un Fellini della scrittura», Barbolini raccoglie anche il meglio della comicità della tradizione emiliano-modenese da Guareschi e da quel capolavoro che è Il destino si chiama Clotilde, a certi esiti zavattiniani. Quotidianità, affetti ed idiosincrasie, microstoria e macrostoria si intrecciano, in una scrittura virtuosistica ma chiara, sempre sopra le righe, sempre digressiva e variata, ma che sa mantenere il centro, il consistere della narrazione in un sapiente calcolo di equilibri. La storia è quella di «un protagonista cinico e divertentissimo che odia Il Piccolo Principe sempre presente in sogno, si confronta con l’ossessione per il Feldmaresciallo Radetzsky, le Cinque Giornate di Milano e l’amica Carla salvatrice di levrieri». Vi è inoltre un vorticare di personaggi fra realtà e videogame e videogame del reale che ci dà da pensare e bene rende la “brodosa storia” di questi anni e delle sue radici cultuali, oltre che culturali. Un romanzo sanguigno che merita l’attenzione del grande pubblico, che anche vi si divertirà, un romanzo fuori della melassa del “naturalismo di bassa lega” imperante, tanto più improbabile quanto più vuole fare il mestiere d’altri.

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ROBERTO BARBOLINI, Provaci ancora, Radetzsky, Barbera Edizioni, Siena 2012, pp. 156, 14 euro

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