Quegli scrittori con la passione del pallone

Ecco, mentre sono ancora in corso i Mondiali di calcio Brasile 2014 - peraltro già finiti per la nostra Nazionale guidata da Prandelli- una bella antologia letteraria su questo sport, come già ce ne sono varie, ma davvero ricca e attenta in modo particolare anche agli italiani, da Vasco Partolini a Stefano Benni, da Maurizio de Giovanni a Davide Enia e ancora Mario Soldati, Gianfranco Calligarich, valerio Magrelli e altri, oltre a autori come Brera, Mura e Pastorin, mentre dall’estero, ecco i sudamericani, gli spagnoli (ma manca il grande Marias), gli inglesi, ma anche, a sorpresa e messo in apertura, uno scrittore come il serbo Vladimir Dimitrijevic con un vero e proprio piccolo saggio su primordialità e istintività di questo gioco. Tra sfide e lotte, tra sudore e fatica, tra gioia e sorpresa, tra illusioni e delusioni il calcio è vita e quindi, come spesso lo sport, ottima metafora per la letteratura. Ma qui non solo di questo si tratta, ma proprio della passione personale e del rifletterci su e raccontarcela di molti scrittori. Ecco allora Vasco Pratolini, che da appassionato reputa sia quindi ovvio ritenersi competente, per confessare che il calcio è una malattia, o almeno un grande amore, poi un vizio, per il richiamo molto forte che esercita qualsiasi cosa si stia facendo e ovunque ci si trovi, con la forza e «il gusto dello spettacolo, con tutti i suoi deliri anche, che un grande spettacolo comporta. Poiché di un grande spettacolo si tratta, il più autentico della nostra epoca, lo spettacolo collettivo, “per tutti”, che il teatro moderno non ha saputo darci. O non abbastanza, o non ancora, decaduto il melodramma. È un’arte nuova, corale, moderna ripeto, coetanea del cinema, pensateci bene». Sono parole come queste, datate 1950, che hanno dato a molti un primo pretesto culturale per lasciarsi andare a questa passione e ritirare «quell’embargo che l’intellettualità italiana aveva decretato verso lo sport e il suo racconto» (dovuto anche all’esaltazione retorica fascista), come ricordano i due curatori, Laura Grandi e Stefano Tettamanti, i cui «ultimi singulti» di tanta nutrita tradizione antisportiva vedono in Umberto Eco, «che definì lo stile di Gianni Brera come un “gaddismo spiegato al popolo” (1963) e poco più di un decennio dopo, quando La Repubblica di Eugenio Scalfari nacque orgogliosamente priva delle pagine sportive». Dalla ricostruzione di Soldati delle emozioni di una grande partita nelle cronache ai Mondiali 1982 vinti dall’Italia, alle sentimentali riflessioni di Magrelli suo gioco col figlio e la trasmissione di una passione, mentre nei vari pezzi troviamo citati, tra ricordi e racconti, Boniperti, Cecconi, poi via via Rivera, Gigi Riva, Tardelli, Zoff, Cabrini, Paolo Rossi, sino all’oggi, a Buffon e vari altri. Ecco l’epica del momento fatale, il ricordo di un’esagerazione, il tifo puro e nobile legato alla passione del cuore, l’ironia dell’osservazione intelligente, il mito del grande giocatore solitario: decine sono le occasioni, gli stereotipi, i personaggi curiosi che tornano in queste pagine, ma sempre con la forza di un momento di verità grazie alla potenza e partecipazione narrativa degli autori «dimostrando come la letteratura sportiva, quand’è intensa, non è mai sullo sport, ma letteratura dello sport».

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Autori vari, La partita di pallone - Storie di calcio, Sellerio, Palermo 2014, pp. 418, 15 euro

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