Quando la Svezia scoprì l’odio razzista

In una calda serata di mezza estate un gruppo di amici sta rientrando a casa quando uno sparo squarcia le tenebre e il giovane David Gebremariam, da pochi anni approdato a Stoccolma dalla natia Eritrea, in fuga dalla guerra civile, si accascia al suolo. Inizia così la ricostruzione che Gellert Tamas dedica ad uno dei più inquietanti episodi di cronaca nera che per un anno tenne in scacco le autorità di polizia e i servizi segreti del paese scandinavo: la vicenda di John Ausonius, che munito di un fucile con mirino laser semina il panico nei viali della tranquilla capitale svedese. Tutte le vittime della follia omicida di questo pistolero del Baltico hanno in comune il fatto di essere straniere, vittime di un forte rigurgito di razzismo che inizia a contagiare la civile Svezia. La perfetta ricostruzione di Tamas, che ci prende per mano accompagnandoci con questa brillante esempio di giornalismo d’inchiesta, un genere che in Italia è ormai in via di estinzione, non si limita infatti ad analizzare la vicenda di questo pazzo criminale, ma è anche in ritratto inedito in chiaroscuro del suo paese. Un indagine che si trasforma in un j’accuse pesante contro la deriva neo nazista di parti della società, che vedono l’ascesa imperiosa dei movimenti di estrema destra tra il 1990 e il 1992, i rigurgiti di un antisemitismo e dell’odio nei confronti del diverso che si manifestano a ritmo incalzante con gli attacchi ai centri di accoglienza e le aggressioni a sfondo razzista e dell’incapacità pacchiana in varie occasioni delle forze dell’ordine di venire a capo del misterioso cecchino.

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GELLERT TAMAS, L’uomo laser. C’era una volta la Svezia, Iperborea, Milano 2012, pp. 498,19,50 euro

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