Quando Freud prese la penna

F orse basterebbe ricordare come la psicanalisi sia narrazione e, poi, come i casi, i disagi, i problemi psichici e esistenziali degli uomini siano il tema fondante della letteratura, della poesia e della narrativa fin dall’antichità classica, per capire come certi scritti di Freud, il racconto dei suoi casi, possano essere letti come pagine letterarie a prescindere dal fatto che nascessero da storie vere o almeno vere nella memoria del protagonista e nell’interpretazione dell’analista. È cosi capitato che un critico fine e esigente come Gianfranco Contini dichiarasse di considerare Sigmund Freud «tra i grandi scrittori del Novecento». E non è il solo. Si sa, del resto, che la psicanalisi si è rivolta sin dai suoi inizi all’opera di narratori e poeti, gli antichi classici in particolare, ma non solo, per trovare conferma o almeno consonanza con le proprie idee, con la consapevolezza che versi e narrativa fossero alleati preziosi nella descrizione e la scoperta della vita interiore dell’uomo. Allora appare naturale questa ampia antologia di Racconti analitici progettata e curata per i Millenni Einaudi da Mario Lavagetto, lo studioso che forse più di tutti, in Italia, si è interessato dei rapporti tra psicanalisi e letteratura, con note e apparati di Anna Buia, oltre che una serie di tavole fuori testo di quel grande illustratore che è Lorenzo Mattotti.

Educato fin da ragazzo alla letteratura, verso la quale ha un’acerba vocazione giovanile, Freud si ritroverà a fare i conti tutta la vita con l’arte dello scrivere e i modi di impostare e costruire un racconto, appena avvertirà l’esigenza di riferire i suoi casi clinici, di condensare ciò che è nato da sedute innumerevoli con un paziente, per rendere esemplare e esemplificativa una certa vicenda. È allora, come nota Lavagetto nel suo puntualissimo e articolato saggio introduttivo, che Freud si trova a dover abbandonare la classica evoluzione cronologica di una storia. La svolta avviene davvero col caso dell’Uomo dei lupi, che ne fa un’autore novecentesco e sperimentale: «Freud si trova preterintenzionalmente in sintonia con gli esiti di quella rivoluzione estetica che aveva messo in crisi la possibilità di organizzare le storie in base al sistema della verosimiglianza, al gioco di cause de effetti (....) Verranno a galla nuovi personaggi, una nuova figura di narratore e, soprattutto, nuove modalità di narrazione nel progressivo e inesorabile dissolversi delle forme classiche».

Non a caso Freud non è solo autore alla ricerca di un modo nuovo per riferire le sue esperienze e quelle dei suoi pazienti, ma anche critico letterario, lettore di testi, con gli strumenti interpretativi dell’essere umano che va elaborando, autore di saggi specifici riuniti sotto il titolo Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio.

Tra questi è il famoso studio psicanalitico sul romanzo Gradiva, creazione d’ispirazione pompeiana di Wilhelm Jensen, come le discusse annotazioni psicologiche su alcuni episodi della vita di Leonardo da Vinci, che Lavaggetto ha voluto entrassero a far parte di questo volume, e ne spiega sempre il perché, assieme ai quattro classici Studi sull’isteria, alla vicenda de L’uomo dei lupi e molte altre pagine che raccontano nevrosi e fobie infantili, a cominciare da Il piccolo Hans, come lo scritto sulla Psicogenesi di un caso di omosessualità femminile.

Un modo, insomma, anche piacevole e coinvolgente per il lettore, di avvicinare il mondo di questo grande personaggio, uno dei padri del pensiero contemporaneo, dell’arte e la riflessione del Novecento.

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