Pressburger, viaggio dantesco nel Novecento

Una rivisitazione della storia del Novecento, con tutti i suoi momenti più cupi, percorsa come un viaggio dantesco nell’aldilà, quindi comunque come via verso la salvezza e con un moderno “spirito guida”, il professor Sigmund Freud prima e Simone Weil poi, è quello che ci racconta in bilico tra mondo dei vivi e mondo dei morti, che si incontrano e confondono, Giorgio Pressburger.La parte che potremmo equiparare all’inferno si intitolava Nel regno oscuro ed era stata pubblicata nel 2008, suscitando grande interesse e impegnative analisi critiche, specie per le scelte stilistiche e di scrittura. Ora arrivano le altre due cantiche, Nella regione profonda e Nei boschi felici, proposte col titolo generale di Storia umana e inumana.«Siamo al centro di quel secolo che lei vuole visitare per ritrovare i suoi cari, suo padre, suo fratello, gli altri» spiega Freud all’inizio del viaggio, nella prima vecchia parte, all’io narrante, che aggiunge: «Al centro io vidi un grande cancello. E niente altro, quello è niente altro. Sopra il cancello una scritta formata da lettere ritagliate in lamine di ferro recava queste parole: La strada della libertà è fatta di zelo e onestà, pulizia, sobrietà, obbedienza, sincerità, sacrificio, lealtà». È l’11 agosto 1999, giorno dell’ultima eclissi solare del millennio. La scoperta finale è quindi che non esiste un paradiso di santi: «Per me il Paradiso è quello che ho rappresentato qui: una realtà in cui convivono tutti, nello stesso modo, in cui l’umanità vive sulla terra così com’é. Gli opposti si conciliano. La vita è conciliazione, compresa la morte: la realtà è questa».Nella coscienza di Pressburger l’aldilà, a cominciare dall’Inferno, è popolato in gran parte di vittime, di uomini torturati, rinchiusi, uccisi, spinti al suicidio (come tanti ebrei nei lager), uomini che si ritrovano a soffrire ma che sono resi vivi dall’amore che li muove, da passioni e ideali che il Novecento in particolare ha perseguitato. Nei due nuovi episodi questo tipo di incontri non vengono abbandonati del tutto, sia perché la Shoah resta centrale per Pressburger (di famiglia ebraica ungherese), sia perché il viaggio, più che ascendente, come è stato scritto, appare circolare, in un ritorno continuo e ossessivo di pensieri e ricordi, suscitati dagli incontri con personaggi famigliari, dal padre all’amato fratello Nicola, dal nonno alla zia Giulia, come con grandi dittatori, grandi artisti (da Luis Aremstrong a Mia Martini) o pensatori (dal maestro della Kabbalah Scholem a Karl Marx, passando per Emmanuel Levinas)e ancora protagonisti delle cronache d’oggi (da Nelson Mandela al camorrista di Gomorra, Sandokan).È specchiandosi in queste figure, oltre che perdendosi nelle sue visioni fantastiche, che il protagonista riesce a dare una prospettiva sia alla grande tradizione ebraica che un senso al recente passato, con la sua storia umana e inumana. Sono pagine (450 solo in questo secondo volume) che chiedono al lettore un impegno, un desiderio di capire e conoscere, le mille storie e dati che Pressburger affastella (più le lingue che usa) il che si rivelerà, entrati nel gioco, non difficile: perché mai vi è qualcosa di didascalico e l’andamento è sostenuto e ha una sua forza, spesso vivificata dal soffio della poesia, che già è nel ritmo della scrittura, nelle cesure come di versi in queste pagine scandite da mille spazi bianchi.

Giorgio Pressburger, Storia umana e inumanaBompiani editore, Milano 2013pp. 450, 18.50 euro

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