Porta e Pistillo: la parola oltre la pagina scritta

«Rischiare la parola». Antonio Porta (nome d’arte di Leo Paolazzi, Vicenza 1935-Roma 1989), autore che amava contaminare versi e gesti nella propria produzione poetica, quasi trent’anni fa si esprimeva in questi termini nella convinzione che fosse necessario utilizzare la parola oltre la tradizionale “gabbia” della pagina scritta, sfruttando la naturale teatralità della poesia per arrivare al pubblico con la forza della voce e l’impatto dell’azione scenica. Una convinzione, questa, fatta propria anche da Carmelo Pistillo, allora giovane poeta e autore di teatro, che proprio in sodalizio con Porta diede vita fra il 1985 e il 1989 a due drammaturgie che, attraverso mirate scelte di testi poetici antologizzati, si prefiggevano l’obiettivo di fotografare altrettanti momenti della storia letteraria degli ultimi tre secoli: la poesia italiana del Novecento fino agli anni Settanta in Penultimi sogni di secolo e il periodo romantico (con uno sguardo aperto all’Europa) in Oratorio notturno.

Quelle due opere sono oggi recuperate nel bel volume pubblicato per i tipi de La Vita Felice curato dallo stesso Pistillo con l’apporto di Fabio Jermini (per la parte iconografica) e con una prefazione del critico e poeta Maurizio Cucchi, che traccia le coordinate dell’operazione culturale portata avanti dal curatore. Cucchi segnala in particolare l’importanza del peculiare carattere antologico del libro, che «non si pone il problema di proporre il meglio in assoluto di un secolo o di un periodo, di una letteratura o di una tendenza» ma «offre una serie di autori e testi (comunque di prim’ordine)utilizzabile all’interno di un progetto di comunicazione teatrale della parola poetica [...]

dunque senza alcuna pretesa selettiva che non sia quella della qualità e della funzionalità dei versi prescelti rispetto all’organismo di testo per teatro da realizzare».

C’è, evidentemente, in questa operazione una contraddizione di fondo, che è quella di riproporre sulla pagina materiali tenuti insieme - ab origine - eminentemente in chiave drammaturgica, dunque pensati per una “recitazione” anche se pescati dalla tradizione scritta. Ciò non toglie tuttavia valore alla proposta di Pistillo, che anzi, oltre a rimettere sotto i riflettori due esperienze dimenticate di teatralizzazione di versi, aggiunge preziosi materiali di approfondimento sugli autori antologizzati, grazie ad accurate sinossi tematiche, a un ricco apparato di note, a un’aggiornata bibliografia e, soprattutto, alle fotografie degli autori. Autori ritratti quasi sempre in età giovanile con immagini per lo più inedite che mostrano, fra gli altri, Corazzini, Gozzano, Palazzeschi, Ungaretti, Campana, dando loro un volto in un’età in cui, probabilmente, la poesia era ancora poco più di un sogno. Un sogno, però, capace di diventare per loro suprema ragione di vita e di regalare a noi, ieri come oggi, pagine immortali di letteratura.

È dunque da salutare con favore questo lavoro di recupero, che è anche un modo per rimettere sul tavolo il tema della natura più profonda della poesia, nata propria nell’oralità (e dunque come forma d’arte da recitare) prima che la tradizione post-petrarchesca la imbrigliasse nella pagina scritta.

Antonio porta - Carmelo pistillo - Perché tu mi dici: poeta? (Per un teatro di poesia) - Prefazione di M. Cucchi - La Vita Felice, Milano 2015, pp. 359,20 euro

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