Pifferai del nulla sotto la lente di Mastrantonio

«Un manuale di autodifesa e di fuga». Lo definisce così il suo pamphlet contro gli “intellettuali del piffero” il bravo e tagliente Luca Mastrantonio. E ci viene da consigliare a molti di mettersela in tasca una copia del suo libello, specie se il nemico da cui scappare - armati di solido usbergo - è la televisione, che in un gelido pomeriggio di fine novembre 2013 manda in onda, perfettamente alternate, le immagini delle nostalgiche bandiere di Forza Italia svolazzanti al grido di dolore del detronizzando Berlusconi e quelle del dibattito in Senato, dove Bruto e i suoi sodali hanno affilato i coltelli per il definitivo cesaricidio. Quello che va in scena a Roma, infatti, non è che il tramonto del «ventennio minorenne» passato senza clemenza al setaccio dal giovane giornalista del Corsera in 270 pagine di durissima e analitica indagine contro i vizi (tanti) e le virtù (poche) degli intellettuali cosiddetti “impegnati” e dei loro referenti politici. Due categorie che escono letteralmente con le ossa rotte dalla disamina di Mastrantonio, il quale forse si fa prendere un po’ troppo la mano nel menar fendenti, ma centra in pieno l’obiettivo. Perché non si può che convenire con lui sul fatto che da troppi anni molta dell’intellighenzia culturale dell’Italia abbia dismesso i panni della guida critica e libera all’interpretazione delle trasformazioni della società e della vita civile (posto che l’abbia mai davvero fatto in un Paese storicamente diviso come il nostro) per vestire quelli del cattivo maestro, saltando senza troppi scrupoli su questo o quel treno pur di restare a galla e sfruttare i benefici economici e di fama del Dio-mercato.

Riprendendo, arricchito, il classico schema delle cinque W cui dovrebbe sottostare l’articolo di ogni buon giornalista (who, what, where, when, why, cioè chi, cosa, dove, quando e perché), l’A. fa anzitutto i nomi dei vari “pifferai” senza risparmiare quasi nessuno: da Saviano a Vattimo, da Asor Rosa, a Baricco, da Eco a Magrelli, da Massimo Fini a Buttafuoco, da Sgarbi a Doninelli solo per citarne alcuni. Individua quindi i rispettivi (e spesso mutanti) terreni di pascolo nel sottobosco della politica tricolore sbugiardando i tanti dietrofront e i non meno frequenti “giri di valzer“; poi indaga i tempi e i modi in cui si è verificato il fenomeno dell’engagement all’italiana e si sofferma su quali siano i principali disturbi intellettuali prodotti dal bipolarismo nostrano (dalla frontiera destra/sinistra a quella pro o contro Berlusconi). Infine mette sotto la lente il perché l’intellettuale viene considerato tale e agisce in un certo modo legato ai mezzi che usa (tv, web, radio e giornali); quanto riceve a compenso delle proprie prestazioni e quali armi retoriche utilizza nel suo lavoro (appelli, auto-fiction, satira...). Uno screening accurato e puntuale, che non risparmia neppure i giornalisti e gli showmen, a partire da quelli più inseriti nelle dinamiche del Palazzo e del potere (gli «ultracorpi» Vespa e Baudo, senza dimenticare Lerner, Santoro , Minzolini..) e dalla cui oggettività - se mai il concetto alberghi nella nostra stampa - è bene guardarsi con attenzione.Mastrantonio si fa leggere senza fatica in virtù di una penna agile e abile, affilata ma mai triviale; le sue parole, però, sono tutt’altro che leggere e interrogano non poco sul ruolo di chi usa la penna nella società dello spettacolo, «dove alla fama letteraria si è sostituita la notorietà e al valore di un’opera il clamore che suscita» e dove «più che le competenze e i riconoscimenti per i servizi alla causa pubblica conta la capacità di far parlare di sé». Sarà il caso di foderarsi le orecchie?

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Luca Mastrantonio, Intellettuali del piffero, Marsilio, Venezia 2013, pp. 270, 18 euro

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