Nievo, “confessioni” tutte da riscoprire

Centocinquant’anni fa moriva il grande scrittore-patriota, autore di un romanzo da rileggere per capire il Risorgimento

Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani, stando alla celebre frase attribuita a Massimo D’Azeglio alla proclamazione del Regno d’Italia il 17 marzo 1861. Pochi giorni prima, proprio 150 anni fa, nella notte tra il 4 e 5 marzo, imbarcato sul piroscafo Ercole che affondò tra Palermo e Napoli, senza poter vedere compiersi l’ultimo atto della lotta risorgimentale, era morto a 30 anni Ippolito Nievo, che proprio sul concetto di quella frase aveva scritto un saggio politico di fine analisi e grande preveggenza, pubblicato solo nel 1929 col titolo Frammento sulla rivoluzione nazionale . Schiacciata tra Manzioni e Verga, la figura tutt’altro che minore di Nievo non è mai divenuta popolare, nonostante sia l’autore di quel grande, coinvolgente romanzo di bella inventiva e avventure, oltre che di senso politico risorgimentale, di sentimento e passione, che è Confessioni di un italiano, uscito a suo tempo come «di un ottuagenario» per ragioni di censura e che, terminato nel 1858, vide la luce solo nel 1867. Nievo, nato il 30 novembre del 1831, era un intellettuale finissimo, democratico e repubblicano. Era cosciente che, sopra tutto il rivoluzionario processo politico di unificazione portato avanti da un’avanguardia colta, come scriveva nel saggio, «giganteggia il bisogno di ricongiungere la mente col braccio.... di indurre cioé nelle opinioni del volgo rurale un tal cambiamento che le colleghi alle opinioni della classe intelligente, e li riunisca insieme per sempre nell’amore della libertà e l’indipendenza; che è tale il significato che può darsi ora in Italia alla frase: rivoluzione nazionale», avendo ben presente la realtà dei contadini del suo Veneto e Friuli, che ancor oggi è lì a dargli ragione, nonostante abbiano

raggiunto un certo benessere. È a queste idee e a questa passione, che portò Nievo a andare volontario tra i Cacciatori delle Alpi e poi a essere uno dei Mille (quando morì, stava tornando dalla Sicilia), che si legano le ragioni profonde della scrittura del suo romanzo, cui arriva dopo alcune raccolte di versi, un romanzo retorico e immaturo, Angelo di bontà, e alcune novelle campagnole, che preludono, per sensibilità e paesaggio, alle Confessioni. In queste memorie di un io narrante ottantenne (disponibili oggi sul mercato in molteplici e ottim edizioni, da Mondadori a Rizzoli), la formazione del buon cittadino, che con le sue azione contribuisce al farsi della storia, si intreccia strettamente con il ben più tortuoso percorso della formazione individuale, soggetta ai turbamenti interiori, alle illogicità, agli eccessi e alle ombre di ogni esistenza. Ogni cosa è venata di uno sguardo sapientemente ironico e, grazie alla prima persona, di una viva immediatezza. Nel libro ci sono tutti gli ingredienti classici del romanzo storico, tanto in voga nell’Ottocento, dal castello alla guerra, dalle vicende confuse di una nazione che si andava allora formando e la cui storia è parte sostanziale del racconto, alla presenza di un giovane, Carlino Altoviti (nato nel 1775 a Venezia e che si racconta nel 1853), ingenuo e affamato di avventure, protagonista di momenti significativi, di battaglie, giorni d’indipendenza, restaurazioni, ma anche, ovviamente, di una grande, splendida, sensuale storia d’amore con Pisana, il tutto narrato con partecipazione nuova, con spirito da romanzo picaresco, inedito per la nostra letteratura romantica. Si aggiunga che il chiaro tema di fondo, diversamente che nell’opera di Manzoni e con animo laico, è il problema sostanziale del formarsi dell’italiano, mentre e prima che sia ancora nata l’Italia. Il privato e il pubblico, come si direbbe oggi, la vicenda sua personale e quella storica del paese, l’amor di patria e l’amore per una figura moderna, contraddittori come quella della Pisana, sono quasi una cosa sola, strettamente collegate e intrecciate. E le pagine più belle (un romanzo a parte, per qualcuno, le prime duecento, che potrebbero vivere da sole, rispetto al resto) sono quelle dell’infanzia, dei suoi turbamenti e scoperte, della vita al castello di Fratta e, celebre, l’arrivo di Carlinio davanti al mare. Un romanzo ricco, anche troppo, e straordinario che non a caso Fahrenheit, la trasmissione dedicata ai libri di Radio3 Rai, ha lanciato alcuni mesi fa come libro simbolo delle celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia.

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IPPOLITO NIEVO, Le confessioni di un italiano (tit. origi. le Confessioni di un ottuagenario, Le Monnier, Firenze 1867), disponibile in molte edizioni, fra cui Rizzoli Bur e Mondadori

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