Memoria e dolore nei versi di Camelliti

Come il peso che «pende e dipende» dell’incipit della Persuasione e la Rettorica di Carlo Michelstaedter il poemetto di Michelangelo Camelliti segue il suo corso in un inesorabile procedere di testimonianza e di dolore. La forma del poemetto dà unità narrativa alle sequenze e la tripartizione, sotto segno cromatico come nell’arte di Krzysztof Kieslowski, rende la tonalità emotiva in gradi di accentuazione e di distacco. Inoltre in funzione semantica e quasi iperrealistica si fa uso del linguaggio della medicina non in ornamentazioni lessicali, ma come ampliamento del dettato drammatico e di senso, cosa che creerà qualche problema ai sostenitori del verso acefalo e dell’impoetico nell’uso del linguaggio scientifico, ossia nella maggior parte della più arretrata e nostrana tradizione epigonale petrarchista e simbolista.Su questa via di ampliamento semantico e proprio rispetto al linguaggio medico-biologico Camelliti ha illustre antecedente nell’opera di Pier Luigi Bacchini. La prefazione del volume è affidata a Maurizio Cucchi direttore del progetto “I giardini della Minerva” che fra l’altro scrive: «La prima cosa che colpisce, infatti, è la spoglia energia, la potenza senza orpelli della sua scrittura». Di ciò diamo testimonianza col passo: «Quante volte ti ho visto tremare / riempire il bicchiere col fiato / il rito delle mani che cercano le cose / di creduta Padronanza // sto con il mio angioma cavernoso / come in un piccolo sudario / lasciti segreti di una vita, vertigini / passano e sembrano di vento / i passeri nel grigio dell’inverno».

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MICHELANGELO CAMELLITI, I colori dei precipizi, LietoColle, Faloppio (CO) 2011, pp. 56, 10 euro

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