Mankell cambia eroe con le fobie di Olofson

Un Mankell nuovo, diverso, lontano, che ha abbandonato la Svezia e il suo Wallander per rifugiarsi nel mezzo della selve africane in un nuovo continente, nuovi scenari, ma col classico vizietto per il giallo. Hans Olofson è arrivato nello Zambia inseguendo un sogno, profondamente colpito dall’immensa bellezza dell’Africa decide di fermarsi convinto di aver trovato un rifugio sicuro per le proprie ansie. Nella sua fattoria di Lusaka si accorgerà ben presto che la realtà è ben diversa da come la aveva immaginata. Tra il disprezzo dei bianchi e il sospetto dei neri in un clima ricco di tensione e minacce, Olofson deve sempre più guardarsi le spalle sino al giorno in cui i suoi vicini vengono brutalmente assassinati. Inizia la lenta discesa verso gli inferi del protagonista, sempre più attanagliato da un folle terrore in cui ricompaiono le paure e le manie della sua travagliata infanzia, in uno scenario sempre più cupo dove il passato e il presente si intrecciano tra le lande ghiacciate della Svezia e il calore torrido dei tropici.

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Henning Mankell, L’occhio del leopardo, Marsilio Editore, Venezia 2014, pp. 333, 18 euro

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