Manè Garrincha, gambe storte e re dei dribbling

Il nome di un passero, le gambe fragili, storte e sottili per gravi difetti congeniti ma velocissime a far passare la palla fra i garretti degli avversari, saltati come birilli sul campo fra boati di folle festanti. E in testa una sola cosa: divertirsi e divertire. Senza troppo pensare ai soldi, alla carriera, alla fama, al domani, ai figli - ben 14 - messi al mondo con tre donne diverse. Questo era Manoel Francisco dos Santos (1933-1983), in arte Garrincha (“passero” appunto in portoghese, come l’aveva soprannominato la sorella quando aveva solo 4 anni), grandissimo calciatore brasiliano morto anzitempo a 49 anni per una cirrosi epatica e un edema pomonare, in condizioni di indigenza e degrado. Lasciando sullo sfondo - senza tuttavia nasconderne i semi durante la narrazione - il triste epilogo della vita del calciatore due volte campione del mondo con la Seleçao nel 1958 e nel 1962, ci pensa ora Antonio Ferrara a rispolverare il mito dell’ala destra del Botafogo e del Brasile, vero e proprio idolo in patria ma amatissimo anche fuori negli anni Cinquanta. Lo fa con una graphic novel, la prima pubblicata dai tipi lodigian-cremaschi di Uovonero, decisamente ben confezionata, in cui il tratto semplice e quasi stilizzato dell’illustratore e scrittore si accompagna alla tramatura sottile, poetica e delicata del dettato con cui la vita di Garrincha scorre sotto gli occhi del lettore. Il volume si apre con un sonetto di Vinicius de Moraes, L’angelo dalle gambe storte, che “fotografa” alla perfezione il gesto tecnico dell’atleta - il dribbling - , sorta di arabesco sghembo disegnato sul rettangolo da gioco dalle gambe malate ma straordinariamente efficienti del calciatore, preludio ai tanti gol che gli permisero di fare felice un’intera nazione. E si chiude invece, il libro, con un pensiero dello stesso Garrincha, che steso sul letto d’ospedale dopo un intervento chirugico al ginocchio, prova a fare i conti con le sue vicende personali, le sue sfortune e le sue “malefatte”: «Guardavo fuori dalla finestra. Guardavo il cielo, guardavo le nuvole, e mi passarono negli occhi i miei tiri a effetto, i dribbling, i miei quattordici figli. E anche se la sfortuna non riuscivo più a dribblarla, pensai che qualcosa di buono perfino io avevo combinato nella vita. E lo stesso mi scappò un sorriso, perché in quel momento sul davanzale della finestra aperta si posò un uccellino, e pensai che comunque la mia vita era stata bella, e che ero sempre Manè Garrincha, il passerotto, l’ala destra del Brasile, il passerotto con un’ala sola quinto figlio di Amaro e Carolina, storpio e calciatore».

Antoni FerraraGarrincha - L’angelo dalle gambe storteUovonero edizioni, Lodi-Crema 2016, 15 euro

© RIPRODUZIONE RISERVATA