Lo Stato e il potere nel racconto di Felix

Boris Biancheri, diplomatico di lungo corso, ex ambasciatore e raffinato narratore, scomparso la scorsa settimana, racconta nel suo ultimo libro l’ascesa al potere di Felix, bambino dotato di una prodigiosa memoria che lo rende geniale e solitario. Le sue scelte universitarie lo indirizzeranno verso gli studi filosofici e lo condurranno all’incontro con il maestro, viatico ai misteri di un potere che si rivelerà ingannevole fino alla presa di coscienza di un cambiamento, alla necessità di ricerca di uno spazio mentale, di un ritorno all’origine. In una prosa limpida ed un ritmo piacevolmente sostenuto si snoda la vicenda del grande presidente, malinconico ed ambizioso, che coltiva l’impresa di dominare sia il visibile che l’invisibile per far confluire tutto nella politica, e di Felix, che divenutone il pupillo, ne prenderà il posto assumendo l’incarico di presidente, cosicché il Paese, pian piano percorso da tremori ed inquietudini, perderà la sua immobilità. Biancheri si sofferma sulle diverse visioni dei due: sull’amore del primo verso l’immobilità e il controllo esercitato sul mondo militare e carcerario perchè tutto rimanga invariato anche nell’intrico delle strade, nei propositi e nei turbamenti della società, e sull’ inquietudine dell’altro, sul risveglio alla problematicità e alla riflessione. Un romanzo sul potere e la sua intrinseca capacità di controllare le coscienze, addirittura di inventare sia dei nemici, come i media, che un’altra realtà, pur di sopravvivere. In uno Stato non ben identificato, e proprio per questo universale, senza sogni, il potere pian piano s’interroga sul senso e sull’etica, sui valori e la memoria, la futilità e l’ inganno, la riflessione e il silenzio.

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