L’inferno di Napoli prima di Gomorra

Peppe Lanzetta aveva cominciato a farsi conoscere nei primi anni Ottanta a teatro, anticipando i tempi dei tanti attori-autori narratori, proponendo una galleria di ritratti, monologhi, squarci sulla realtà della sua Napoli rumorosa, sfatta, brutale, ma anche musicale, viva e e piena di rabbia, dedicando quei «lampi e tuoni dal

Bronx napoletano» a Lenny Bruce e a John Belushi. Da allora ha fatto l’attore per tanti registi, che vanno da Tornatore ad Abel Ferrara e ha pubblicato alcuni volumi di racconti. Roberto Saviano, dedicandogli una copia del suo Gomorra, dandogli una sorta di primogenitura, ha scritto «che per primo ha messo viso e mani all’inferno», tanto che oggi Lanzetta intitola InferNapoli questo maturo romanzo, inevitabilmente noir, appena arrivato in libreria.Un inferno in cui, per esempio le fiamme e il fumo si alzano alti dal molo Immacolatella del porto sino a invadere piazza Municipio, perché stanno bruciando sei container cinesi provenienti da Shangai, e Vincent Profumo, con la vestaglia tigrata (e sotto uno slip leopardato) osserva tutto con il binocolo, un bel sigaro in bocca, mentre Sinatra canta dal lettore Cd, ridendo di gusto, contento. Profumo è un boss, uno dei più temuti e feroci, della camorra, un omone di oltre un quintale, protagonista di questo libro. E l’inizio è un chiaro omaggio a Gomorra che inizia proprio con lo sguardo sul molo dove stanno scaricando i container provenienti dalla Cina.Profumo, devoto a padre Pio come spesso sono devoti questi padrini, ama la lirica, ha una passione per la Callas (capace di farlo piangere), tanto da aver chiamato Maria tutte e tre le sue figlie (Maria Sole, Maria Luna e Maria Stella), ama la propria famiglia e vive in un bell’attico panoramico pieno di quadri di artisti contemporanei, conducendo un’esistenza che pare uscita da un film di Quentin Tarantino. E Lanzetta non dimentica mai, sin dall’inizio, di introdurci nei piccoli particolari quotidiani della sua vita, dalla biancheria che porta alla sua collezione di scarpe, dal piacere di bere cedrate e Aperol, magari insieme e con una punta di menta, allo spruzzarsi continuamente di profumo, anche mentre cuicna usando tanto aglio o frigge: «Sembrava la caricatura di un boss dei telefilm americani di quarta categoria. invece era un vero boss. Uno potente». Insomma ci presenta innanzitutto un uomo, per certi versi simpatico, fatto di debolezze, ipocondriaco, con tante piccole manie, paure, ragionamenti e fantasie, che ce ne fanno capire bene la psicologia e sono l’altra faccia, il complemento della sua ferocia, di una intima debolezza che si ammanta di violenza.I guai cominciano quando arriva a Napoli la nuova e durissima mafia cinese e lui è costretto a confrontarsi con quello che chiama Maozzetung, così che il sangue comincia a scorrere e i morti chiamano i morti in un nero scontro che pare non trovare una via d’uscita, visto che anche un ictus che coglie Profumo non riesce a mettere la parola fine. Certo, attorno a questo «pover’uomo» tutto va in malora, con le figlie che combinano brutti pasticci, con la moglie Felicita, che non riuscendo più a ottenere le attenzioni e il calore che vorrebbe dal suo uomo lo tradisce con un giovane dal bel fisico possente, senza contare appunto i cinesi, anzi il Cinese. E come l’eroe di un film in costume, continua a volersi reggere in piedi mentre intorno tutto sta crollando, solo e sempre più spietato diavolo di un inferno in rovina.Non raccontiamo come va a finire, ovviamente, ma citiamo solo le due brevi frasi finali del romanzo: «La vita continua. E la guerra pure...».

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PEPPE LANZETTA, InferNapoli Garzanti, Milano 2011, pp. 260, 16,60 euro

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