L’esordio “postumo” di un bravo scrittore

Il romanzo d’esordio, purtroppo postumo, di Giancarlo Valentini, è l’opera d’uno scrittore da scoprire, che ha lasciato cassetti zeppi di letteratura. Il delitto di un usuraio, l’ avvenenza di una vedova allegra e le lettere anonime di qualcuno informato sui fatti fanno da contrappunto di genere al malessere interiore del commissario Solimena, vittima di un mondo sociale che inizia a sentire estraneo, di una trama di metafore e di un linguaggio quotidiano che non si lasciano più interpretare con facilità e di una ermeneutica dell’esistenza che tenta anche la strada del farmaco, pur di fare argine al dilagare d’una angoscia senza spiegazione. Valentini è abile nell’esplorare l’universo d’incertezza di Solimena, inventando una lingua ironica in cui le lettere anonime sono «appalloccolate» prima d’essere gettate via, e le cravatte dei colleghi odiosi paiono «sbrendoli citrulli». Tra suggestioni filosofiche (Heidegger) e limature linguistiche (Gadda), arriva al pubblico un romanzo sorprendente.

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Giancarlo Valentini, Una celeste discontinuità su un fondo scuro nero compatto, A&B Editrice, Acireale-Roma, pp. 214, 20 euro

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