L’eredità di Pontiggia: il “poema poliziesco”

L’arte della fuga è «un romanzo dei romanzi». Così, nel decimo anniversario della morte di Giuseppe Pontiggia, Daniela Marcheschi dà la cifra di quest’opera, che sarà la “matrice narrativa potenziale” cui seguiranno i futuri esiti del narratore di caratura internazionale. Un romanzo-miniera in cui s’intrecciano molte trame potenziali, in una continua risemantizzazione ed un altrove del frammento, dove vi è una semantica densa, un’etica forte della scrittura, ed un compendio aforistico delle grandi tradizioni letterarie nel confronto dei generi. In tale direzione prosa e poesia sono continuamente in tensione in uno sviluppo compiuto che tocca uno dei vertici difficilmente raggiungibili e raggiunti in ambito italiano nell’ultimo secolo, dove fra prose poetiche e poème en prose, molto si è fatto. Romanzo caleidoscopico dalla scrittura tornita e precisa è un’interrogazione sul senso della vita e della morte, una pluricoralità di ispirazioni e registri. In questa direzione con Fruttero e Lucentini anche «l’unico poemetto poliziesco che sia mai stato scritto».

Giuseppe pontiggia, L’arte della fugaMondadori Editore, Milano 2013pp. 138, 9,50 euro

© RIPRODUZIONE RISERVATA