Un piccolo mondo antico pieno di donne coscienziose ed audaci quello narrato dalla scrittrice, ex docente ora approdata all’agriturismo, che ripercorre con stile colloquiale ed immediato le vicende della sua famiglia ebrea sullo sfondo della Storia, dalla deportazione ai giorni nostri. Con leggerezza, ironia e un ritmo avvincente, descrive con maestria personaggi ed ambienti, rivive e fa rivivere vite nella loro quotidianità. Un libro irriverente, ironico e divertente sull’ebraismo italiano, un modo nuovo e tenero per rendere omaggio a uomini in fuga perenne, in condizioni provvisorie e precarie, per liberarsi dalla memoria di «quelle montagne ammucchiate di occhiali che appartiene al conscio collettivo degli ebrei». Un mondo ancora vivo nella memoria dei sopravvissuti, un’ enciclopedia di termini yiddish-ferraro-piemontesi con acrostici e storie del vecchio testamento, tutto rivisitato da un vivo senso di libertà. In un originale avvicendarsi pieno di struggente tenerezza si fa rassegna di feste, ricette, abitudini alimentari e modi di dire sulla vita quotidiana e il mondo contadino in una fluida successione, ironica ed affettuosa, tra parenti e rabbini, donne e uomini, fratelli e sorelle, artigiani e mercanti. La vita nel ghetto, i ricordi caldi di voci e volti, profumi e sapori in un meraviglioso mosaico che include il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, l’educazione sessuale, la scuola, il tempo libero, la politica fino al matrimonio e all’oggi con le ultime generazioni in conflitto. Una vita di rimpianti, un percorso di ricerca verso un ebraismo ritrovato.
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