Le “radici” in poesia di Margherita Rimi

Non è facile curare la propria auto-antologia: non sempre i poeti hanno il necessario distacco, sono preda delle proprie predilezioni e scelgono nella propria produzione non le poesie che li rappresentano meglio, ma quelle a cui tengono di più. Così non avviene per questa autoantologia di poesie edite ed inedite di Margherita Rimi che gode, oltre della limpidezza di dettato, di un singolare bilanciamento ed armonia delle parti. La poetessa siciliana, fra le voci più sicure della poesia dei giorni nostri, indaga con un misto di distacco e passione le proprie radici fra natura e cultura, fra le voci dei bambini e il mondo pirandelliano, con una chiarezza di espressione che sa giovarsi di un impianto linguistico anche regionale, e del dialetto. Nella prefazione Daniela Marcheschi scrive: «In questi suoi versi degli anni 1974-2011, in un linguaggio poetico che colpisce per l’agile semplicità e la verità disarmante, le voci dei bambini presentano un timbro diverso dal solito. Sono principalmente quelle dei bambini che subiscono abusi e violenze pure sessuali, e pongono così un interrogativo radicale e doloroso sul perché del male, spesso perpetrato proprio da coloro che dovrebbero invece proteggerli». Una poesia questa della Rimi di raffinata intelligenza e sensibilità, in cui nella levità e nel nitore, etica ed estetica sono in tensione come nelle più fruttuose tradizioni europee. Per tutte le poesie: « I treni attraversano la stazione / La notte complica la solitudine // chiara è arrivata / la vita sotto gli occhi // l’odore di mandarino // I treni attraversano la stazione».

© RIPRODUZIONE RISERVATA