Le opere di Carnevali, poetici nervi scoperti

Del poeta di lingua inglese, ma nato e morto in Italia, Emanuel Carnevali (Firenze 1897 - Bologna 1942) conoscevamo il volume di Adelphi, Il primo Dio del 1978, tradotto dalla sorella Maria Pia, libro in cui confluiscono il suo unico ed omonimo romanzo, prose sparse e poesie e poche rarissime altre pubblicazioni italiane. Ma le traduzioni invecchiano rapidamente e saggiamente ogni generazione si dovrebbe ritradurre, se non tutto, molto. Dalla vita avventurosa e tragica, emigrato a soli diciassette anni a New York, dove impara velocemente l’inglese, tanto da influire sulla letteratura americana «modernista» dell’epoca ed avere l’attenzione di poeti quali Waldo Frank, Carl Sandburg, William Carlos Williams, Ezra Pound, Robert McAlmon, Kay Boyle, arrivando a scrivere sulle maggiori riviste americane. Nel 1922 rimpatria, causa una terribile malattia, trascorrendo la sua vita fra cliniche ed ospedali. L’aspetto di “maledettismo” e da leggenda è per noi il meno interessante, ciò che più conta è la sostanza letteraria ed umana e la scrittura guizzante e nervosa. A cura del poeta Elio Grasso, ecco una traduzione limpida dei suoi testi, nella collana “Acquamarina” dell’editore Via del Vento a cura di Fabrizio Zollo giunta al giro di boa del quarantasettesimo titolo, che molta attenzione ha dedicato alla poesia internazionale ed “indigena” anche del secondo Novecento in cui molto è ancora da fare. Ecco l’attacco di In grigio: «Il giorno mi pesa come una tonnellata di fumo. / Le cose già fatte sono / cadaveri che riempiono di miasmi / le grigie stanze dei miei ricordi, / Il futuro è una serie / di bambini nati morti [...]».

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EMANUEL CARNEVALI, Ai poeti e altre poesie, Via del Vento editore, Pistoia 2012, pp. 36, 4 euro

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