Le liriche di Gabbia, come “terra che frana”

Fra “appostamenti” del nulla, indicibilità, indecidibilità, senso del limite, si articola questa prima prova in volume di Gabriele Gabbia, una scrittura che si vuole sapienziale e di buona fattura e che esercita una propria decostruzione. Non poteva questa pubblicazione trovare miglior mentore che in Mauro Germani fondatore della rivista «Margo», che da anni purtroppo ha chiuso i battenti, che di quel senso del limite, del discrimine ultimo aveva fatto centro di poetica. Sempre sul limite di un nuovo “sublime”, un po’ rovesciato, un po’ negativo e gnostico l’intonazione porta ad estremi esiti la grande tradizione simbolista lungo un versante di “frana assoluta” della nominazione e del soggetto cartesiano, ma è questo il solo? In attesa di una svolta “antropologica” attendiamo la parte costruens dell’impresa.

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G. GABBIA, La terra franata dei nomi, L’Arcolaio, Forlì 2012, pp.92, 12 euro

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