Caustico, irriverente, in questo suo ultimo saggio il premio Nobel per la letteratura del 2010 lancia i suoi strali contro la più bassa mercificazione e volgarizzazione delle arti. Con un libro che ha già fatto discutere e storcere il naso ai più, Vargas Llosa vede nella banalizzazione dell’arte e della letteratura, (e nel successo del giornalismo spazzatura e del gossip, cui si aggiunge la frivolezza della politica) uno dei sintomi del male che colpisce ormai le società contemporanee. Ovvero l’idea alquanto bizzarra, quando non temeraria, di convertire in bene supremo la nostra naturale propensione al divertimento. Uno scenario in cui la cultura diviene solo una squallida ancella del nuovo dogma imperante, meccanismo di intrattenimento al posto di voce della coscienza che impediva di ignorare la realtà. Una riflessione dura, che ci accompagna in queste pagine sulla metamorfosi subita dalla cultura negli ultimi decenni e sulla sua remissività di fronte al potere delle mode. Uno scenario da incubo, con l’arte sorta di malato terminale.
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Mario Vargas Llosa, La civiltà dello spettacolo, Einaudi, Torino 2013, pp. 184, 17 euro
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