L’ambigua “danza” tra amore e morte

Avvincente e ricco di colpi di scena l’ultimo romanzo dell’americano Peter Cameron. È la primavera del 1950 quando Coral Glynn arriva a villa Hart, tenuta isolata al confine con la Foresta Verde nel Leicestershire. Coral lavora come infermiera a domicilio ed è stata chiamata per assistere la vecchia padrona di casa, da tempo malata di cancro, che vive col figlio Clement, tornato dalla guerra senza l’uso di una gamba. Tra l’infermiera e il maggiore si instaura un rapporto fatto di stanze buie, di silenzi e parole che quasi si toccano, nei meandri più profondi di quel mistero “più freddo della morte” chiamato amore. Così intraprendiamo un viaggio adorabilmente terribile nei ritratti dei vari personaggi e nel nostro animo: le parole ci spingono al di là del principio di piacere, dove èros e thànatos si toccano tra masochismo, sadismo e apparenti tenerezze che nascondono mezze verità. Dopo il successo di Questo dolore ti sarà utile l’autore è artefice di intrecci capaci di farci oscillare tra le onde di più generi, dall’inizio gentile alla Henry James all’erotismo accennato di Lawrence, fino al thriller alla Chandler per sfociare nell’orrore e tornare alla crudezza dei sentimenti. Dalla campagna inglese, piena di foschia e umidità quasi a nascondere bugie e segreti, alla Londra dalla pioggia picchiettante, nel rapporto tra Clement e Coral si specchia l’impossibilità di amare, creando una suspence degna dei migliori romanzi, con una tensione che ricorda quella di In the mood for love.

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