«L’alfabeto della vita di un maestro del giornalismo», così recita il sottotitolo di questo volume che raccoglie le pagine scritte da Calabrese negli ultimi anni della sua esistenza. Un mosaico che ruota attorno a un gioco che Calabrese amava molto e che era quello di indovinare a quale oggetto, persona o animale assomigliasse una nube in cielo. Un momento di divertimento puro e fine a se stesso, ma anche «di riflessione alta, libera dai condizionamenti del quotidiano». Sempre, come ricorda Giuseppe Tornatore nella prefazione, seguendo quel «fiuto giornalistico che non lasciava mai». «D’improvviso i suoi occhi si assentavano illuminati da un’ombra fulminea, come d’un otturatore fotografico. Il giornalista - scrive Tornatore - era in agguato». Nelle pagine del libro questo “fiuto” prende corpo nella serie di pezzi che Giuseppe Di Piazza - curatore dl libro - ha ordinato in ordine alfabetico: da A come Amore a Z come Zoo. Nel mezzo i ricordi le osservazioni, i giudizi e anche le invettive, di un uomo che ha vissuto la sua storia e quella d’Italia prima come semplice redattore, poi come direttore dell’Espresso, del Messaggero, della Gazzetta dello Sport e di Panorama. Insomma un osservatorio in ogni caso privilegiato per l’ampiezza e le possibilità dei punti di vista esposti: «Sino al suo capolavoro finale: l’invenzione di un alter ego, l’immaginario amico Gino, attraverso cui raccontò la propria battaglia contro il cancro sottraendosi all’imbarazzo del diario personale, sfuggendo all’orrore di scrivere in prima persona, commuovendo milioni di italiani».
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PIETRO CALABRESE, Il gioco delle nuvole, Rizzoli, Milano 2011, pp 320, 18 euro
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