La Via Crucis popolare secondo Lino Angiuli

Molti poeti, non solo credenti, si sono cimentati con la Via Crucis. Fra gli ultimi Guido Oldani, che ha presentato versi in unione con le tele di Michele Cannaò in mostre e cataloghi. Ora è la volta di Lino Angiuli, in un libro con le illustrazioni di Luigi Fabii e una prefazione di Davide Rondoni. Nel suo modo estroso e terrigno, da epopea popolare, in terzine intercalate da “quadri” in prosa, il libro procede ben calibrato, lungo le 14 stazioni della tradizione. È uno sguardo dal basso quello di Angiuli, ricco di carnalità e coloriture tipiche della sua terra e di una lingua in tensione col dialetto, uno sguardo laico, che la terzina e le rime connotano di una tonale musicalità. Sull’empito mistico prevale uno sguardo incentrato nell’oggi. Leggiamo la parte in versi di una stazione:«Si sa il sangue richiama le mosche / col suo colore che rimanda al fuoco / tanto che spinge verso le cose losche // eppure basterebbe proprio poco / per rivoltare l’occhio come un guanto: / sapere fare dell’amore un gioco // non serve mica diventare un santo / se vuoi frenar la legge del più forte / basta abitare qualche “tu” ogni tanto».

Lino AngiuliViacrucis terraterraEdizioni di Pagina, Bari 2017, pp.115, 12 euro

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