La verità delle cose vista da due filosofi

Da un dialogo profondo tra gli intellettuali francesi Fabrice Hadjadj e Fabrice Midal (entrambi di origine ebraica, ma convertiti al cattolicesimo il primo e al buddismo il secondo) nasce Che cos’è la verità?, una disputatio che non pretende di dare una risposta definitiva alla domanda posta a Gesù da Pilato, ma offre diversi ampi spunti di riflessione. Il prezioso libretto riporta un confronto tra i due acuti pensatori (entrambi sulla quarantina) avvenuto nella cattedrale di Rouen il 4 giugno 2010, e di per sé è già interessante per il fatto di essere un cammino aperto e costruttivo che due filosofi così diversi intraprendono insieme: la verità è «un’insostenibile provocazione» per Midal, qualcosa che ci inquieta e rimette in discussione il nostro modo di vivere, perché la sua luce «non è soltanto la risposta alle mie domande, ma essa mi interroga a mia volta, al punto che può venirmi voglia di liberarmene» sottolinea Hadjadj. Il discorso di Midal sconfina nella verità della poesia, da Pindaro a Rainer Maria Rilke, e dell’arte di Monet, fino ad affermare che «la verità è ciò che non detieni, ciò che è sempre altro, davanti a te e spesso è provocatoria tanto quanto le parole di Cristo». Qualcosa insomma che colpisce, destabilizza e libera, che si accompagna sempre all’amore. Sapido e brillante il pensiero di Hadjadj, che parla di una «comunione dei volti», cioè di persone vere che si relazionano: «La verità si realizza soprattutto nell’incontro con l’Altro, colto nella sua irriducibile diversità e concretezza, di cui la persona di Cristo è l’espressione folgorante e assoluta».

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