La strage nazista e quel dolore che ricompare

Lorenzo Guadagnucci, giornalista e scrittore, figlio di uno degli scampati alla strage nazista di Sant’Anna di Stazzema, dà voce in questo volume al padre Alberto, che in quella strage perse la madre Elena. Alberto Guadagnucci, oggi ottantaduenne, per decenni aveva tenuto sepolto nel suo intimo il trauma vissuto; a metterlo nelle condizioni di raccontare lo scatenamento di violenza di cui era stato testimone all’età di dieci anni sui monti della Versilia - dove furono trucidate 393 persone, per lo più donne, vecchi e bambini - sono stati due avvenimenti: il primo, la celebrazione del processo contro gli autori della strage nel 2004 presso il Tribunale di La Spezia, che ha consegnato questa strage dimenticata alla memoria collettiva nazionale; il secondo, il trauma vissuto dal proprio figlio Lorenzo che nel luglio 2001 a Genova, durante il summit del G8, ebbe la sventura di trovarsi nella scuola Diaz la notte dell’irruzione della polizia e subì gravi violenze assieme a tanti altri. Alberto e Lorenzo, oltre che dal rapporto paterno-filiale, si sono sentiti così accomunati dall’esperienza dello stress traumatico, una paura che entra nel profondo e poi, per una qualche circostanza della vita, riemerge improvvisa, lascia senza respiro, paralizza la mente, annichilisce.

La voce narrante del libro è quella del padre Alberto che, quel 12 agosto 1944, alla notizia che stavano sopraggiungendo i militari tedeschi, non aderì all’invito della madre di restare con lei, ma si allontanò nel bosco con altri. Ritornato il giorno dopo con un’amica della madre, la ritrovò ferita. Passò un altro giorno prima che riuscissero a trovare persone disposte a effettuare un trasporto in barella: ma a quel punto la madre Elena, 43 anni, giaceva morta.

Alberto era un figlio nato fuori dal matrimonio: la madre aveva avuto il coraggio di farlo nascere e di affrontare da sola la difficoltà di crescerlo in un paese sulla costa della Versilia. Ma nell’estate 1944, avvicinandosi la linea del fronte, Elena e il figlio erano saliti in montagna, in una frazione di Sant’Anna di Stazzema, per mettersi al riparo dalla violenza della guerra. Invece il 12 agosto l’efferatezza dei nazisti sconvolse la pace di quei boschi e delle case e spezzò la vita di centinaia di persone, senza neppure la motivazione di una provocazione da parte delle bande partigiane. A Sant’Anna i tedeschi inaugurarono la strategia militare della “guerra ai civili”, del seminare terrore per garantirsi una ritirata in sicurezza, senza imprevisti.

Alberto nel dopoguerra fu adottato da una famiglia che gli permise di studiare, diventare docente di scuola media, formarsi a sua volta una famiglia. Ormai settantenne, fu emotivamente coinvolto dal processo per i tragici fatti di Sant’Anna di Stazzema che nel 2004, a sessant’anni dal massacro, fece luce sugli autori, che erano tornati finita la guerra a una vita civile indisturbata in Germania. Viene quindi ricostruito il contesto politico, nazionale e internazionale, che impedì nel dopoguerra e nel clima della “guerra fredda” di ricercare la verità su tante stragi naziste in Italia e di fare giustizia.

Nell’ultimo capitolo del volume lo sguardo di Alberto-Lorenzo si fa più profondo: padre e figlio si mettono a confronto sulla politica della memoria riguardo a Sant’Anna di Stazzema, su quale memoria costruire attorno a stragi efferate. Emerge allora limpida la radicalità della posizione di Lorenzo: bisogna osare pensieri nuovi, riscoprire una memoria della Resistenza che valorizzi la lotta non armata, la reazione quotidiana dei cittadini ai soprusi e alle prevaricazioni; fare memoria delle vittime deve portarci a bandire dalla nostra vita sociale il culto della violenza, la cultura del dominio, l’ideologia della guerra: fuori la guerra dalla storia.

Ercole Ongaro

lorenzo Guadagnucci

Era un giorno qualsiasi. Sant’Anna di Stazzema, la strage del ’44 e la ricerca della verità. Una storia lunga tre generazioni”

Terre di mezzo editore, Milano 2016, pp. 191, 12 euro

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