La ragazza fragile che rinacque farfalla

Forse non si dovrebbe scrivere, perlomeno nell’incipit di una recensione, ma tant’è: per leggere l’ultimo libro di Michela Marzano, affermata filosofa, bastano un paio d’ore. Siamo di fronte all’ennesima storia autobiografica, all’ennesimo diario sull’anoressia di una giovane ragazza romana che, grazie a una forza di volontà (e a un’intelligenza) fuori dal comune, diventa docente all’Università di Parigi. Banale? No, straordinario. Le poche ore che servono per leggere il suo libro si devono allo stile dell’autrice che, intellettuale acuta, dimostra una vena narrativa interessante. Le poche ore che servono per divorare Volevo essere una farfalla si moltiplicano all’infinito nel cuore del lettore che non può rimanere indifferente a una storia vera narrata con dovizia di particolari eppure resa universale dalle riflessioni dell’autrice. Michela Marzano, che lo scorso anno firmò Sii bella e stai zitta, riflessione sul ruolo della donna in Italia, non è un “cervello in fuga” (espressione che la diretta interessata detesta), ma una studiosa che si è costruita una carriera accademica invidiabile contando sulle sue sole forze (prima Normalista a Pisa poi docente a Parigi in un’ università di solito “restia” agli stranieri in cattedra…). Davanti all’impeccabile cursus honorum, una vita privata scandita da una relazione ossessiva con un padre troppo esigente e una madre tenuta in disparte. La rinuncia al cibo (nonostante la fame) serve a proteggersi da tutto ciò che sfugge al proprio controllo. Poi la risalita, la consapevolezza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA