La preghiera furiosa di un ex francescano

Secondo Walter Benjamin, il materialismo storico avrebbe avuto una chance di vittoria se avesse assunto segretamente al proprio servizio la «piccola e brutta» teologia, la sola in grado di indicare la strada al primo e di pervaderlo di spirito messianico. L’esordio narrativo dell’ex francescano e teologo-operario Emanuele Tonon - nato a Napoli e trasferitosi in Friuli - mina dall’interno questa tesi di filosofia della storia, deprivandola del suo ottimismo ma moltiplicandone a dismisura il potenziale eretico e gnostico. Colmo di un rancore di classe per le condizioni di vita in fabbrica, che hanno lentamente ucciso il padre, il protagonista reinventa una Scrittura indirizzata a Dio e a se stesso, una preghiera a denti stretti che interroga furiosa il silenzio divino. Disperando della salvezza e della redenzione, il figlio - il nemico - subisce la seduzione del male: troppo forte è la percezione della creaturalità sofferente, insopportabile la putrescenza della carne nel sepolcro. Non c’è verticalità che d’incanto riscatti il dolore e il vuoto dell’esistenza. Il pane e il vino sono sì simboli sacri, ma non fanno altro che gonfiare e alcolizzare gli uomini nelle osterie del Nord-Est. Il Dio di Tonon, come quello di Sergio Quinzio, è un Dio sconfitto, che sulla croce muore davvero e che incarnandosi spalanca un abisso di impotenza. Visionarie e ossessive nel linguaggio, le due parti de Il nemico compongono un romanzo trinitario incompiuto, preludio dell’imminente uscita di un libro sullo Spirito Santo, sul ritorno alla luce (dell’amore?), che Tonon intende dedicare alla madre.

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EMANUELE TONON, Il nemico. Romanzo eretico, Isbn Edizioni, Milano 2009, pp. 102, 14 euro

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