La poesia di Novaro, caposaldo del ’900

Murmuri ed echi (1912) di Mario Novaro (1868-1944) è uno dei testi fondamentali per capire la poesia primo-novecentesca e successivi sviluppi. Ad esso per importanza possiamo accostare - nelle diverse tradizioni - solo le Revolverate (1909) di Gian Pietro Lucini, i Colloqui (1911) di Guido Gozzano, i Frammenti lirici (1913) di Clemente Rebora, i Canti Orfici (1914) di Dino Campana e poche altre cose. Ora nei Quaderni della Fondazione Giorgio e Lilli Devoto finalmente l’edizione critica a cura di Veronica Pesce che ci permette “in pulito” di seguire le successive edizioni ed i successivi rimaneggiamenti da quella del 1912, 1919 sino al 1941 e redazione postuma. Come evidenzia Giorgio Ficara nella sua prefazione: «Dopo Leopardi […] Mario Novaro con i suoi affannosi ceselli, nei confini mobili del suo unico libro, è stato un poeta filosofo». Questo sia per formazione, si ricorda in lui lo studioso di Malebranche, sia negli esiti della sua scrittura ricca di preannunci della stagione successiva. Di Novaro si ricorda l’attività culturale, curò fra l’altro le edizioni delle opere di Boine, e la direzione de’ La Riviera ligure (1899- 1919) fra le maggiori riviste dell’epoca. Per tutti, Onde: «Nella notte solo il mare mai non tace: senza posa mugghia e romba, e da lungi alla riva volge l’onde fragorose. // Tremano i vetri; trema il cuore: e il pensiero dal profondo volge mute altre onde tumultuanti ad altre sponde. // A questo lido da gran tempo frangon l’onde non mai stanche: a quei lidi oh da quanto frange l’onda del pensiero?».

(MARIO NOVARO, Murmuri ed echi, Edizioni San Marco dei Giustiniani di Genova, 2011, pp. 290)

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