La lettera mai scritta alla madre scomparsa

Con La luce prima, Emanuele Tonon completa il suo personale ciclo trinitario, inauguratosi con le due parti de Il nemico, uscito un paio d’anni fa per la stessa sigla milanese. Il romanzo - in realtà una lunga lettera indirizzata alla madre da poco scomparsa - è il canto dolente d’un figlio rimasto solo, rivolto a quella luce primigenia - il volto materno - che gli abbacinò gli occhi quando nacque. Alla madre, adorata con toni quasi liturgici, Tonon pensa come alla propria origine e al proprio destino, memore del passo del libro di Giobbe (1, 21), secondo il quale «Nudo uscii dal seno di mia madre e nudo vi tornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto: sia benedetto il nome del Signore». Come nell’inizio erano inscritti la vecchiaia e la malattia, così nella fine alligna la prosecuzione della vita. L’assenso all’espianto degli organi è la radice ancora una volta organica della teologia di Tonon, della sua fede nello Spirito Santo, nella luce che inonda il creato e genera un’idea di comunità, di famiglia, che va oltre l’irredimibile solitudine del presente. In queste pagine Tonon incide tutto se stesso, senza autoindulgenze: i rituali giornalieri del sopravissuto che testimoniano l’assenza lancinante della madre; i vividi ricordi di un’infanzia protetta dall’affetto di lei; il bisogno compulsivo di scrivere, pena il non riuscire a trovare motivazioni convincenti per lo stare al mondo. A lui è data, finalmente, la possibilità di chiamare la madre «amore», di utilizzare quella parola che, allorché lei era in vita, egli non era stato in grado di dire.

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