Pubblicato per la prima volta a Parigi negli anni Ottanta dopo essere circolato clandestinamente tra gli intellettuali, La coda di Sorokin ci dona uno spaccato di vita sovietica che ruota attorno alla samizdat, cioè la coda che si formava di fronte ai negozi, espressione grottesca di quella società. Dietro l’apparente leggerezza si cela un saggio stilistico la cui fredda descrizione tocca l’assurdo. Spettatore indifferente, Sorokin rappresenta un’umanità in costante attesa, rimodellando la banalità del quotidiano in un’estetica che dilata la condizione esistenziale fino a una cruenta risata. In una coda ai grandi magazzini della capitale seguiamo il concatenarsi di frasi di coloro che vengono risucchiati dal vortice sociale della fila. Ciclicamente riappare un giovane scanzonato, Vadim, che si muove tra chiacchiere vuote e opinioni sull’arte e la moda, pregiudizi, rassegnazioni. Qualcuno si ferma, la fila cresce, poi si rompe, i partecipanti si disperdono, sembra finita, ma poi si ricomincia. Libro cattivissimo, intriso del grottesco di Gogol e del piacere di volare di Puskin.
Vladimir SorokinLa codaGuanda editrice, Parma 2013pp. 245, 13.50 euro
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