Esce postumo il primo romanzo scritto da un autore da riscoprire, originale e di grande talento. Uno dei concetti attorno a cui ruota la storia surreale di questa famiglia è quello della malattia: intesa non solo come stato patologico, ma anche come mancanza di normalità, è una condizione diffusa, che permea la quotidianità dei personaggi e impedisce loro di avere una vita regolare, una socialità, persino un’identità definita. Ma è soprattutto sul tempo che ci induce a riflettere. Anch’esso malato, non scorre in modo normale: si dilata o si comprime, accelera, talvolta si ferma del tutto, in un vuoto sospeso. L’esistenza dei protagonisti, fatta di giornate inutili, di attività prive di senso, di traslochi in quartieri inesistenti, di strani episodi, insonnie e pasti consumati casualmente, è una vita quasi in dissolvenza. Il tempo «non passa perché è guasto», dice il fratello medico del narratore: «il vero tempo si è bloccato» e quello che fa muovere gli orologi è «un tempo senz’altro di seconda mano, usato, quasi del tutto inutile».
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Maurizio Salabelle, La famiglia che perse tempoQuodlibet Edizioni, Macerata 2015, pp. 159, 14 euro
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