Libri
Giovedì 28 Aprile 2011
La città morta di Anderson
Torna in libreria il capolavoro del 1919
in cui lo scrittore di Camden, Ohio,
racconta la “Spoon River dei vivi”
Pu bblicata nel 1919 e riedita da Einaudi in una nuova traduzione di Giuseppe Trevisani, con prefazione di Vinicio Capossela, questa raccolta di racconti è l’opera più conosciuta dello scrittore nativo di Camden, in Ohio, e influenzerà gran parte della letteratura nordamericana successiva, specie la generazione di Hemingway e Faulkner, che riconoscerà in Anderson il padre elettivo di tutti i suoi libri. Tagliente sobrietà descrittiva, concentrazione sulle vite marginali di comunità provinciali e capacità di svelarne il segreto profilo drammatico sono elementi che rimarranno costanti in molte esperienze narrative novecentesche, e anche nelle tinte “gotiche” dei personaggi di un maestro del genere breve come Flannery O’Connor si risente l’eco dell’esemplare cittadina del Midwest dove Anderson ambienta storie di cupe frustrazioni convogliate in gesti clamorosi quanto vani. Gli eroi di questa “Spoon River dei vivi” sono esponenti di un universo in declino, pionieri in lotta con la terra selvaggia e abitanti di piccoli centri urbani dove l’immensità della natura contrassegna la claustrofobia di maestre dalle passioni clandestine, reverendi in lotta con l’anima carnale, telegrafisti misogini portatori di crimini occultati, bottegai violenti e repressi. Sono gli attori di un palcoscenico rurale che non manca di suscitare una controversa nostalgia trasformandosi in eroi e piccoli mostri, pietose vittime e risibili giustizieri; figure ingigantite dal tono realistico dello stile e ridotte a caricature dall’ironia dell’artista. Quello di Winesburg, Ohio è un cosmo ambiguo, metà inferno e metà paradiso, in cui «l’antica ignoranza bestiale» è al tempo stesso «una specie di incantevole innocenza infantile». Nel preambolo ai racconti, intitolato significativamente Il libro delle caricature, lo scrittore accenna alle diverse qualità umane immaginando un vecchio e baffuto alter ego che elenca centinaia di «verità» capaci di «trasformare la gente in caricature grottesche», come se il fissarsi in un’esistenza di determinati caratteri ne sancisse una morte simbolica e il conseguente inserimento tra le statuine di un presepe immutabile. È un’intuizione dai richiami vagamente platonici, per cui es
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SHERWOOD ANDERSON, Winesburg, Ohio, Einaudi, Torino 2011, pp. 234, 20 euro
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