La Città Eterna vista controvento da Fulvio Abbate

La Capitale non attraversa certo un bel momento, fra scandali politici, collusioni con la malavita organizzata, timori per la prossima (certa) organizzazione del Giubileo e la futura (improbabile) gestione delle Olimpiadi 2024. Lo stesso nome, Mafia-Capitale, dell’inchiesta che ha scosso il Campidoglio e che fa traballare il sindaco Ignazio Marino, la dice lunga sull’immagine della Lupa, dentro e fuori dai confini nazionali. Cionosostante, o forse proprio per questo, Roma vista controvento è uno di quei libri che chi vuole conoscere la Città Eterna deve assolutamente leggere. E non necessariamente da turista, anzi. Non ci si aspetti infatti informazioni dettagliate sui Fori imperiali o sul porticato di san Pietro, qui Abbate raccoglie anzitutto una quantità di curiosità su luoghi, persone, oggetti e che lì'A. percepisce come parte integrante della natura unica di Roma, «un grande suk di emozioni, una «grande madre un po’ mignotta, un po’ bigotta, un po’ immorale», come scrive nella prefazione Carlo Verdone, romano d.o.c. e a sua volta protagonista di un capitolo del volume. E dunque l’Ara pacis e Trinità dei Monti, ma anche la sopraelevata di San Lorenzo e Marco Pannella, le buche stradali e i circoli del Pd, il Teatro Sistina e il bastone per i selfie, la Garbatella e il regista Elio Petri, Barbara Palombelli e i centri sociali, tutti in ordine rigorosamente sparso.Per usare le parole di Francesca Serafini «il libro è il racconto di come una città può diventare universo nell’interpretazione di uno scrittore. Se volete sapere che cose uno scrittore - estremizzando - avete due modi. Uno è soffermarvi per un attimo sui versi iniziali di Il suonatore Jones di Fabrizio De André: “in un vortice di polvere gli altri vedevan siccità, a me ricordava la gonna di Jenny in un ballo di tanti anni fa”. Il secondo è - appunto - leggere questo libro: di quei versi, declinazione sontuosa che diverte e commuove. Perché uno scrittore è prima di tutto il suo sguardo e la sua capacità di creare storie, indipendentemente dalla forma che si sceglie. E se De André riesce a raccontarne una puntando il suo su un vortice di polvere, immaginatevi che cosa è in grado di fare Fulvio Abbate orientando il suo, ugualmente immune da ogni conformismo, sulla Città Eterna, generatrice millenaria di narrazioni [...]».Nato a Palermo ma trapiantato nella Capitale oltre trent’anni fa, Abbate sa raccontare la città con l’originalità di chi non la dà per scontata, prendendosi gioco dei cliché con la sua ironia dissacrante, controvento appunto, ma anche un bel po’ controcorrente. La gloriosa via del Corso, per dire, «è stata molto celebre fino a quando ha ospitato un McDonald’s. Deve ormai l’intero suo carisma residuo alla presenza di Da Pietro il Fichissimo, storico negozio d’abbigliamento per ragazzi». Spostandosi idealmente poche decine di metri più in là, parlando della fontana di Trevi, Abbate glissa sulle sue sculture barocche e persino sulla divina Anita Ekberg che invita Mastroianni a fare il bagno con lei ne La dolce vita, per citare invece un dimenticabile remake con Christian De Sica e Dalila Di Lazzaro.

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Fulvio Abbate, Roma vista controventoBompiani, Milano 2015, pp. 697, 19 euro

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