La casa di ringhiera del mistero irrisolto

Un ritratto di condominio, di una casa milanese di ringhiera, portato avanti con garbata scrittura e impietosa ironia nell’evidenziare manie e cose da nascondere di ognuno degli inquilini, chiuso nel proprio guscio e sospettoso degli altri, che pian piano si trasforma in un noir dai ritmi comici e un gioco di equivoci ed entrate e uscite a sorpresa da vaudeville, incentrato su una cella frigorifera abbandonata nello scantinato del palazzo, è quello raccontato da Francesco Recami e che porta all’estremo della trama la suspence e le situazioni dell mondo quotidiano dei nostri giorni del suo precedente romanzo, Prenditi cura di me.

Intanto ecco i suoi personaggi maniacali, dall’anziano signor De Angelis preoccupato solo della sua vecchia Opel Vectra e del posto che gli spetta nel cortile del condominio e che spesso trova occupato nei più diversi modi, creandogli crisi di rabbia e timori delle conseguenze, ad Amedeo Consonni, che fa un po’ da filo conduttore del racconto. Consonni è un ex tappezziere con una passione segreta, i delitti, sui quali ossessivamente raccoglie tutti gli articoli di giornale, riflette e prende appunti, si reca sul luogo per osservare e interrogare, e archivia tutto in casa, salvo poi destare la curiosità della polizia che se lo ritrova tra i piedi, come per il truce assassinio a Lentate del cosiddetto “caso della Sfinge”, che prende il nome dalla postura in cui è stato messo il corpo della vittima, un egittologo dilettante. Certo il massimo di eccitazione e paura Amedeo li raggiunge quando un delitto si accorge che è stato appena compiuto nell’appartamento accanto al suo e non resiste all’andare a curiosare e capire, nel modo maldestro e imprudente che si può immaginare. Di lui si interessa la professoressa Mattioli, una donna con un misterioso passato e una vita al di sopra delle sue possibilità, malvista dalla figlia di Consonni, che teme questa miri all’appartamento del padre, che tre pomeriggi a settimana tiene il nipotino Enrico, anche lui pedina incosciente della girandola noir di avvenimenti che ben presto popoleranno il cortile del palazzo.Poi ci sono, a mettere in moto altre situazioni paradossali e dagli esiti imprevisti, con conseguenze a catena, i piccoli Gianmarco e Margherita, con le idee molto chiare e una notevole capacità progettuale nel tentare di disintossicare il padre alcolizzato che la sera terrorizza la famiglia e in particolare la mamma, la signora Donatella, che cerca disperatamente di tenere in piedi tutto, di proteggere i figli, di darsi un minimo di rispettabilità. Cosa che non importa per nulla invece alla giovane coppia Antonio ed Erika, che disturbano tutto il caseggiato con i loro litigi e i loro amori.Il romanzo di Recami, leggero, abilissimo e non superficiale, dimostra ancora una volta che un autore può scegliere una trama gialla, senza per questo scrivere un racconto di genere, ma sapendo coinvolgere il lettore nel divertimento del suo sguardo e nella pulizia della sua scrittura con appena qualche eco toscano, inseguendo paure e fantasmi, equivoci dei propri umanissimi personaggi. E per Consonni, col suo piccolo appartamento reso una sorta di boudoir con gli avanzi delle stoffe del suo lavoro (i poliziotti la scambiano per la casa di un omosessuale) si prospetta una vita che non termina con questa vicenda, visto che alla fine, certe sue intuizioni da criminologo dilettante si riveleranno essenziali e che la famosa cella frigorifera nasconde una questione irrisolta, che è facile pensare preluda a un seguito.

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FRANCESCO RECAMI, La casa di ringhiera Sellerio, Palermo 2011, pp. 210, 13 euro

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