Ironia e paradossi con Luigi Pistillo e il suo Pancrazio

Un nuovo “tassello” sulla “linea lombarda”. Poco importa che lui, Luigi Pistillo, lombardo “doc” non sia, anche se all’ombra lunga del Pirellone (anzi dei Pirelloni, ché ormai son due...) vive da un pezzo, - per l’esattezza a Milano -, dopo essere nato a Campobasso e aver studiato Lettere a Urbino. Ma se il genovese Franco Loi può a giusto titolo essere riconosciuto come il cantore più alto della poesia in vernacolo meneghino (e fra i maggiori di quella italiana tout curt) allora Luigi Pistillo non sfigura affatto quale componente epigonale in quella “lista” che Luigi Anceschi stilò ormai 60 anni addietro e che trent’anni più tardi Dante Isella integrò, individuando una comune weltanschauung quale tratto in grado di tenere insieme poeti, scrittori, critici anche assai diversi tra loro ma in qualche modo legati alla terra ritagliata fra le Orobie e il Po. Pistillo, attore, drammaturgo, critico di teatro e letteratura, ha sfornato per Mursia - milanesissima casa editrice (che si avvale anche dei consigli del poeta e intellettuale melegnanese Guido Oldani, lui pure grande sostenitore del dialetto come lingua viva) un romanzo d’esordio che in quella linea si infila a pennello, collocandosi in particolare sulla direttrice tracciata dai Porta e dai Tessa, passando per Manzoni, gli scapigliati, Dossi e, buon ultimo, l’ingegnere (nella vita ma soprattutto della lingua) Carlo Emilio Gadda. Proprio il Gadda più meneghino, quello dell’Adalgisa, sembra risuonare nelle prime pagine di questo singolare e spassoso romanzo (ché poi tanto romanzo non è, ma piuttosto una carrellata di brevi racconti, a guisa di tante scene teatrali). Il libro si apre con le esilaranti “avventure” del padre del protagonista Pancrazio, Carlo Biagiotti, elettricista e tecnico delle tv, che ha ricordato immediatamente a chi scrive (si licet parva componere...) le straordinarie pagine gaddiane dell’Adalgisa dedicate agli addetti della Confidenza, la traballante - poi fallita - ditta specializzata nella lucidatura dei parquets nelle case della Milano bene di primo Novecento. Si ride e si ride di gusto - a volte forse con qualche lazzo di troppo - nel leggere le pagine di Pistillo, il quale trama i racconti di brevi inserti personali rivolti al lettore, come una sorta di voce fuori campo (e anche qui la matrice teatrale emerge più o meno volontariamente). Si ride ma non soltanto, perché i “quadri” dipinti dall’abile e spesso funambolica penna dell’autore sono anche altrettante denunce, condotte sempre a colpi di fioretto e col sorriso sulle labbra, contro i vizi e i vezzi della società di oggi, con una particolare predilezione per il mondo spesso malsano di Internet (i siti di chat erotiche e le schiere di utenti più o meno frustrati che li frequentano) o della tv spazzatura (fra cartomanti e battitori d’aste di croste da quattro soldi). «Ne vien fuori - chiosa in postfazione Neuro Bonifazi - un quadro clamoroso e paradossale dell’intera nostra inciviltà contemporanea della incomunicabilità, inquinata dal web e dalla tv, ridicolizzata attravero la gustosa e fantasiosa lingua originalmente servile e volgare e, in questo caso satirica, delle nostre tradizionali maschere».

Luigi pistillo, Il paradosso di PancrazioMursia, Milano 2015, pp.236, 16 euro

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