Può l’arte rappresentare adeguatamente il Divino? Nei giorni che precedono il Natale esce in libreria un prezioso saggio di Andrea Dall’Asta, direttore della Galleria San Fedele di Milano. È un volume che ripercorre, in maniera puntuale ma mai pedante, il rapporto tra sacro e rappresentazione visiva della Natività. Non è un manuale di storia dell’arte, ma una guida per il lettore curioso su come il divino, il sacro e la religione abbiano influenzato la visione stessa degli artisti nel corso dei secoli. Si comincia dalla rappresentazione di Gesù e da quella grande sfida che è la “creazione” della luce: la tecnica aguzza l’ingegno ed ecco allora la luminosità delle pale d’altare con una profusione di oro che è segno, e simbolo, dell’immanenza. La stagione rinascimentale si concentra sulla carne, sull’uomo, sui corpi della Madonna e del bambinello con capolavori di Natività che appartengono ormai all’immaginario collettivo, come le Madonne di Raffaello. Poi è il momento della natura: nei Seicento animali, oggetti e ambiente della mangiatoia sono gli indiscussi protagonisti. E se il fascino del passato è notevole, ancora più interessanti sono le pagine dedicate all’arte contemporanea. L’arte - dice Dall’Asta – ha un «compito ingrato, deve mostrare quanto per definizione non deve essere mostrato»: è arte del mistero, delicato equilibrio che rende visibile l’Invisibile. Nella intensa prefazione di Bartolomeo Sorge, il lettore scopre i (tanti) motivi per cui, ancora oggi, l’arte sacra contemporanea è preziosa alleata della fede, anche per coprire il Natale di un’attualità vera, ben lungi dal comune e consumistico sentire.
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