Il linguaggio dei fiori, antidoto alla tristezza

Di rado capita che un romanzo d’esordio dalla copertina sdolcinata valga la lettura. Il linguaggio segreto dei fiori dell’americana Vanessa Diffenbaugh è una felice eccezione. Storia scritta con sapienza su diversi piani temporali che s’intrecciano tra loro, narra di Victoria, una giovane donna che teme qualsiasi contatto fisico e che ama comunicare con gli altri attraverso il linguaggio dei fiori. Cresciuta senza madre, sballottata tra un affido e l’altro, vittima ella stessa dell’incapacità di amare che le fa rifiutare i rapporti di amicizia e di amore che la vita le offre, Victoria ha il dono di rendere felici gli altri preparando mazzi di fiori (ma non ha ancora imparato come mitigare i dolori della propria anima). Poco importa se quello che per molti di noi è una semplice passione, l’acquisto di un fiore, per Victoria rappresenta una vera ossessione e l’unica ragione di vita a tal punto da rinnegare, abbandonandola, la vita vera (sua figlia). Ecco in nuce questa storia intensa, impreziosita al termine del libro da un dizionarietto che è già un cult sul significato nascosto dei fiori (mai regalare i cardi: sono simbolo di misantropia) e che sarà presentato dall’autrice in questi giorni al Salone del Libro di Torino. Ma a una lettura più profonda dell’opera, si coglie ben altro: ciò che affascina maggiormente nel romanzo (diventato un caso editoriale negli Usa) è la sapienza con cui l’autrice descrive le dinamiche dell’affido. Non si tratta di fervida immaginazione, e nemmeno di ricerche sul campo: Vanessa Diffenbaugh lavora nel settore ed è pluri-madre affidataria. Questo rende il suo romanzo d’esordio un’opera capace di far vibrare il cuore.

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