Pietro ha lasciato una città di provincia e di mare, l’allegra Rimini, per un posto a Milano, a badare a un condominio di gente che ha poca voglia di sapere l’uno dell’altra. Pietro è un ex sacerdote, è una persona molto attenta agli altri e instaura col tempo un rapporto speciale con alcuni degli abitanti del condominio in cui abita e fa le pulizie. Per alcuni versi, si tratta di un rapporto fin troppo stretto, visto che Pietro approfitta della loro assenza per entrare nelle abitazioni e per “toccare con mano” la storia degli altri, le vite degli altri. Comincia così Il senso dell’elefante di Marco Missiroli, scrittore riminese anch’egli trapiantato a Milano. Solo con lo scorrere della storia il lettore capisce perché Pietro entra di soppiatto in casa del dottor Martini e di sua figlia e qual è il segreto che lega il portinaio con queste due persone, all’apparenza così diverse da lui. A prima vista potrebbe sembrare una sorta di giallo in salsa condominiale: di fatto, il titolo del libro è più che un indizio sul suo significato più profondo. Il senso dell’elefante, ci dicono gli studiosi, altro non è che quel profondo, quasi ancestrale attaccamento che il mammifero ha verso i cuccioli, indipendentemente dal legame di sangue. Di protezione, di genitorialità (presente e mancata), di libertà e solitudine, di cura del prossimo e di amore per se stessi parla Missiroli, che si conferma una delle penne più originali in circolazione. E non c’è da stupirsi, visti i suoi natali, se nelle descrizioni della Rimini in cui viveva don Pietro riecheggiano suggestioni, atmosfere, luci e colori tipicamente felliniani.
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MARCO MISSIROLI, Il senso dell’elefante, Guanda Editore, Milano 2012, pp. 238, 16.50 euro
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