Il lamento di Germani, se il troppo stroppia

Esiste una poesia “cimiteriale” in Italia? Pare di sì, è nata da una costola di Milo De Angelis e di certi marchigiani alla Eugenio De Signoribus o di Mario De Benedetti, “morenti” da almeno un trentennio.

Raccoglie un disagio intimo reale di fronte al degrato culturale, sociale e materiale del Paese, ma si riduce in un canto da “anima bella” nella noluntas e nella impossibilità personale di qualsiasi intervento concreto sulle cose, riallacciandosi così alla grande tradizione decadente, senza però la profonda dimensione di pensiero e metafisica.

A questa tradizione pare essersi accodato anche Mauro Germani, lontano dalla vigoria dei tempi in cui dirigeva la rivista «Margo» e che ora scrive: «Come fossero ancora le cose / come mi avessero ancora / nel loro destino / muto / nella mia infanzia tagliata. // Come fosse tutto / per qui / per questa casa / strappata alla vita».

Il lamento, l’abbandono, il male di vivere si protrae per altre settantanove pagine, a che pro?

Mauro Germani - Voce interrotta - Italic Edzioni- Ancona 2016 - pp. 80 - 13 euro

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