Il Foscolo irriso dall’irriverente Ingegner Gadda

Tre maiuscole e un aggettivo (immortale), usato con accenti ironicamente iperbolici. Basta il titolo - Il Guerriero, l’Amazzone e lo Spirito della poesia nel verso immortale del Foscolo - per cogliere al volo tutta l’idiosincrasia manifestata da Carlo Emilio Gadda nei confronti di Ugo Foscolo, il poeta dei Sepolcri, anello di congiunzione fra il classicismo e il romanticismo italiani. Un autore-culto delle patrie lettere italiche ma ritenuto da Gadda oltremodo tronfio e insincero, stucchevole nella resa stilistica quanto indigesto per l’egocentrismo smaccato dimostrato nella sua pur breve esistenza. Già Ippolito Nievo aveva avuto modo di giudicare severamente nel suo capolavoro risorgimentale (Le confessioni di un italiano) l’opera foscoliana, dando la stura a una tradizione critica sia pure minoritaria (e di ambito per lo più lombardo) poco incline al cantore di Zacinto. L’irascibile quanto geniale Ingegnere meneghino, però, ha fatto di più e non si è accontentato di lanciare stoccate qua e là nelle sue opere al poeta dall’“irsuto petto“; nel 1958 ha deciso di dedicargli (si fa per dire) addirittura un testo ad hoc. Lo ha fatto con una pièce satirica radiofonica (andata in onda sulla terza rete Rai nel programma Umor nero la sera del 5 novembre), poi confluita sulla rivista «Paragone» un anno più tardi in una versione riveduta e ampliata, a sua volta divenuta traccia per una rappresentazione teatrale e base per l’edizione Garzanti, entrambe nel 1967.Ora quella straordinaria conversazione a tre voci in un ideale salotto alto-borghese fra due estimatori (il professore Manfredo Bodoni Tacchi e donna Quirina Frinelli) e un caustico critico dell’opera di Foscolo (l’avvocato Carlo De’ Linguaggi) viene riproposta da Adelphi per le cure di Claudio Vela, che con Giorgio Pinotti e Paola Italia sta seguendo la ristampa dell’intera produzione gaddiana per Adelphi e che qui aggiunge al breve testo del 1959 una ricca quanto interessantissima sezione di materiali critici. In essa il curatore ricostruisce anzitutto la genesi e le future trasformazione della pièce, producendo per la prima volta le varianti del dattiloscritto-brogliaccio realizzato a servizio della trasmissione e fin qui sconosciuto. Presenta quindi un vero e proprio “dossier Foscolo“, nel quale dà conto di tutti i riferimenti, espliciti e non, all’opera foscoliana rintracciabili nella produzione letteraria di Gadda e conclude la sezione con un dossier su Napoleone (altro ben noto bersaglio delle stilettate gaddiane, peraltro inneggiato per le sue virtù proprio dal Foscolo) e uno sul teatro, con tanto di recensioni alle rappresentazioni del Guerriero. Ma il volume confezionato da Vela può essere goduto anche dal lettore senza intenti filologici, cui non potranno non scappare sonore risate dalla lettura del “poemetto“, un crogiuolo di raffinato sarcasmo ed erudizione, nel quale il gusto per il pastiche linguistico tipico dell’autore del Pasticciaccio (peraltro uscito in quello stesso torno di anni) si sposa con una non comune capacità di variare i registri e di rendere anche plasticamente le atmosfere della surreale conversazione a tre, con la coppia di ammiratori di Foscolo costantemente messa alla berlina dall’avvocato De’ Linguaggi, che non esita a paragonare il poeta a una bertuccia e a tracciarne ritratti irriverenti come questo: «Siccome era greco, e jonico, e portava a spasso due zigomi ellenici che potevano anticipare le ragioni di Carlo Darwin, ma non confermare le intuizioni di Andro, di Policleto e di Prassitele, così, sotto gli zigomi, aveva pensato bene di lasciarsi tallire quei due scopettoni color Carlomagno... Di cui si accesero, e arsero a lungo, la Fagnani e la Mocenni, la Bignami e la Roncioni, la Nencini e la Rognoni...».

Carlo Emilio GaddaIl Guerriero, l’Amazzone, lo Spirito della poesia nel verso immortale del FoscoloA cura di C. Vela, Adelphi, Milano 2015, pp. 267, 20 euro

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