Una storia di disperazione, della dura lotta per la sopravvivenza di chi è sempre stato spogliato di tutto nel corso del secolo appena trascorso. La storia di una comunità di zingari di varia provenienza, ungheresi, romeni soprattutto di varie religioni ed etnie, da sempre schiacciata dal potere e derubata da tutto, dai nazisti prima, dai comunisti poi, vista con gli occhi di un bambino nato in un tugurio di paglia, fango e letame che descrive le aberrazioni del regime e gli stenti di una vita impossibile tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Un mondo dove gli strati infimi dell’esistenza sono narrati con un linguaggio schietto, diretto, semplice, senza peli sulla lingua, dove la crudezza non è nascosta dietro falsi perbenismi. Non c’è posto per i sentimentalismi in un universo come questo e dove il lettore si trova totalmente soggiogato dalla forza della narrazione con le sue miserie e la sua crudezza. Un grande successo editoriale tradotto in varie lingue, una sorta di omaggio all’autore morto solo pochi mesi dopo l’uscita del suo romanzo.
Szilárd BorbélyI senza terra. Se n’è già andato Messiash? Marislio, Venezia 2016, pp. 264, 18,50 euro
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