Il coraggio di Alem, dall’inferno alla vita

Non è la prima volta che un giovane profugo afgano scrive a quattro mani un libro sulle disavventure e gli epici viaggi che lo hanno portato dalla sua terra martoriata a vivere in Italia. Lo scorso anno lo ha fatto il piccolo Enaiatollah Akbari con Fabio Geda e Nel mare ci sono i coccodrilli è diventato un piccolo caso editoriale. Adesso Alem Saidy, 19 anni, ci prova con Gianpaolo Gianni, e ne esce un libro ben scritto, intenso e pieno di speranza. Non è difficile intuire il motivo del successo di queste pubblicazioni, vere e proprie autobiografie in cui questi giovani Odissei contemporanei narrano vicende inimmaginabili per chi vive nella parte più fortunata del Pianeta. Fino alla vita è, si perdoni il gioco di parole, un inno alla vita. Perché se è vero che la storia di Alem, di etnia tagika e di religione islamica, in fuga da un Afghanistan per cercare fortuna, è una narrazione drammatica, il lieto fine arriva. Alem, dopo una peregrinazione rocambolesca che lo porta in Medio Oriente, poi in Iran e poi a Dubai, riesce ad arrivare in Europa. È solo (i suoi genitori si sono rifugiati in Pakistan) ma grazie al lavoro e a qualche colpo di fortuna, riesce ad imbarcarsi per l’Italia. Leggendo il racconto di estenuanti camminate , di traversate con il mare in burrasca e di persone ormai incapaci di provare pietà e compassione persino per i bambini, difficile che il pensiero non corra ai recenti sbarchi a Lampedusa e Pantelleria. Nel Nord-Est, in particolare a San Donà di Piave, ad Alem capita forse l’avventura più straordinaria di tutto il libro: nel cuore del Nord produttivo e tacciato spesso di razzismo, trova una comunità pronta ad accoglierlo e a dargli una speranza. (GIANPAOLO GIANNI e ALEM SAIDY, Fino alla vita, Mursia, Milano 2011, pp. 181, 12 euro)

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