Più che una storia questo libro di Francesca Kay si presenta come un insieme di storie tra cui spetta al lettore scegliere quella principale. Siamo nel quartiere Battersea di Londra, in una chiesa cattolico-romana dove una donna di nome Mary Margareth, cercando di pulire una statua di Cristo, è convinta di vedere del sangue che cola dalla corona di spine e vorrà dimostrare la sua devozione... Il narratore di volta in volta ci trascina nel punto di vista dei vari personaggi che circondano la “scena”: padre Diamond, divorato dalla paura di non essere all’altezza del sacerdozio; la madre di Mary, una donna abnorme di carne e frustrazione, autoreclusa al ventiduesimo piano di un fabbricone d’abitazione e preda dei ricordi della sua giovinezza irlandese; una madre, inseguita ogni giorno dalla paura per la sorte del figlio, soldato in Afghanistan; Stella Morrison, bella quarantenne moglie di un politico che frequenta la chiesa. Un romanzo che è una riflessione sul ruolo dell’amore materno e sul salto nel buio della fede, nel terribile contemporaneo della paura, che impedisce di affrontare il destino mortale, portando al rifiuto del mondo o alla fede cieca. Un romanzo esistenzialista tra Antonioni, Kierkegaard e San Paolo, con squarci fotografici degni di Bresson, che mostra una capacità descrittiva notevole in grado di creare atmosfere e suggerire spazi immaginari attraverso pieni e vuoti, ma soprattutto di parlarci del nostro fallimento, presi come siamo a salvare quello che chiamiamo vita e incapaci di immaginare il mondo.
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