Il “buon” Meneghetti, manolesta emigrante

Tra il 1887 e il 1960 sbarcano in Brasile un milione e mezzo d’italiani. Tutti alla ricerca di un lavoro. Meno uno. Gino Amleto Meneghetti mette piede in terra carioca nel 1913 per continuare “la professione” di ladro già avviata a Pisa. Andrea Schiavon, giornalista di «Tuttosport», ne racconta la storia, incredibile ma vera, nel libro Il buon ladro. «Tra tante vite di emigranti – scrive l’autore – la sua non è certo la più edificante». Eppure Gino Amleto Meneghetti diventa, per i poveri e la stampa, una sorta di eroe: ruba, senza violenza, per salire nella scala sociale. Piccolo di statura, forte di gambe e braccia, si muove come un gatto sui tetti delle case dei ricchi e s’infila nelle finestre per sottrarre gioielli. Anni nelle galere, dalle quali evade con trucchi alla “Papillon”, non lo fermano. Sulla “retta via”, per amore della lettura, apre un’edicola, ma a 90 anni tenta l’ultimo colpo. Ai giornalisti che gli chiedevano quali sensazioni provava durante i furti replicava: «Le stesse che avete voi quando scrivete».

Andrea SchiavonIl buon ladroAdd, Torino 2014, pp. 160, 14 euro

© RIPRODUZIONE RISERVATA