I poeti e la crisi, Dino dà spazio a Oldani e Anelli

Mettere la crisi in poesia, che, sarà bene ricordare, è un attacco economico, finanziario, ma anche di decisione politica, di dimensione sociale e di dispersione di “valori”, alla condizione dei più poveri, è una sfida quasi folle. Le ragioni – e le parole – della crisi, esigono spessori di conoscenza tutti diversi dei precetti della poesia. Oggi non appartengono neppure all’universo dell’economia (almeno in larga misura), ma alla comunicazione di massa, la quale da tempo ha perso non solo ogni riferimento concreto ma anche ideale e spirituale con la parola, da rappresentare un attacco alla “poesia”. Per dirla con Umberto Eco dichiara di produrre per la massa, di progettare per un’educazione di massa, in realtà collaborava alla sola riduzione dei propri soggetti a massa.

Analogo processo di massificazione conoscono migliaia coloro che oggi si lasciano calamitare in segreto dalla poesia e si mettono a percorrere le sue strade senza accorgersi della sua scomparsa dalla realtà. Le analisi della crisi portano le parole usate dagli esperti per spiegarla alle più strenue contraddizioni, che alternano momenti di depressioni a momenti di esaltazione e di fiducia incontrollabili. Anche gran parte della poesia contemporanea, a prima vista, si presenta come enigma, nasconde il senso.

Ma almeno pretende da ogni testo d’essere spiegato, non solo quello che non si capisce, anche le contraddizioni, i controsensi. La crisi come l’attuale, che dura ormai da otto anni, invece, si sottrae furbescamente alla chiarezza, prosegue dal suo insorgere nella dominanza di cumuli semantici, simbolici, scientifici, politici fondati sull’associazione di regole di sistema che vanno nella direzione dell’arbitrarietà e cancellano da essa ogni senso tragico

e umano. Analogo rischio corrono i poeti quando diventano tecnici del linguaggio, anziché cantori liberi. I poeti e la crisi, antologia fuori commercio edita dalla Fondazione Thule Cultura di Palermo, a cura di Giovanni Dino, poeta di Villabate, noto anche al per alcune apprezzate raccolte e per condurre, insieme a Franca Alaimo, la rivista «Spiritualità e Letteratura», è il tentativo apprezzabile che rompe con certa “poesia incipriata” o sfogatoio di lamentazioni per rilanciare quanto sosteneva il Pascoli: «Il poeta è veramente poeta, se riesce ad essere ispiratore di buoni e civili costumi, d’amore patrio e familiare e umano». In una parola è un invito a osare, a non praticare una poesia «sganciata dal reale», disattenta alla res.

All’opera concorrono 179 poeti: non tutti hanno scritto per l’occasione, ognuno affronta il tema in maniera personalissima con tecniche e riflessioni da cui non è esclusa neppure l’ironia. Il loro è «un segno di testimonianza umana e intellettuale», riconosce il curatore, che è poi quanto procurano due poeti della nostra terra: Amedeo Anelli, autore di Figure (A – Non A – A’) e Guido Oldani, autore di Salmo d’Italia: presenti con due prove stilisticamente e contenuti diversi: la silloge del lodigiano che prende il largo dalla fiducia («Così spero, non attendo») e conclude rimettendo «nel silenzio intelligente la saggezza»); quella del melegnanese è una metafora ironica e severa che mette in fila sotto il cielo sporco di Milano le autorità della nazione («mafia con la ‘ndrangheta e camorra») e i servitori dello Stato («li riconosci, scroccano benzina»). Se in Anelli la metafora è un frammento che il poeta riattiva nel linguaggio, in Oldani l’immagine coincide coi fatti della cronaca, ha una comunicazione aperta e una elasticità ritmica da sintetizzare in una strofa il messaggio.

Giovanni Dino (a CURA DI) - I poeti e la crisi - Antologia poetica - Edizioni Fondazione Thule Cultura – Palermo, 2015, pp..301, s.i.p.

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