I miti della Grecia con gli occhi di oggi

di Amedeo Anelli

Dopo la bella traduzione di Agamennone di Eschilo di Nanni Cagnone, ecco un altro autore che si cimenta con i classici, “i contemporanei del futuro”, secondo una felice sintesi di Giuseppe Pontiggia, e il mito greco: Carmine Tedeschi. Il romanzo Il collare di Ananke è una riattuallizzazione del mito greco, una riscrittura in termini moderni delle vicende degli Atridi. L’impalcatura narrativa è la stessa dell’Agamennone di Eschilo, ma Tedeschi ricostruisce la storia ambientandola non nelle vicende per la conquista di Troia, ma nei maneggi per ampliare i traffici della malavita organizzata. La sostituzione dei personaggi è conseguente: ad Agamennone subentra Demetrio ad Ifigenia, Irene e così via conseguentemente per gli altri personaggi in una perennità del mito che sa sostenere una vicenda contemporanea. In questo aiuta la qualità della scrittura di Tedeschi che già avevamo evidenziato nel precedente romanzo Nel giardino del padre(Manni, 2005), e anche la tensione etica che sostiene la scrittura. Nell’incipit della nota introduttiva Tedeschi scrive: «Il sacrificio umano, l’assassinio, la vendetta feroce, l’incesto, la sete di potere, l’avidità senza limiti, oggi come ieri fanno orrore. Ci toccano in profondità, svegliano l’ancestrale paura di cadere in preda alla violenza. Nostra e altrui. I Greci indicavano col termine “hybris” la follia furiosa con cui l’uomo viene punito per l’orgoglio insano, la dismisura, per aver dimenticato la sua condizione mortale ed attentato all’ordine sociale. Una violenza che insorge nelle profondità incontrollate del nostro essere ed assimila la colpa alla pena e le confonde».

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CARMINE TEDESCHI,Il collare di Ananke,Puntoacapo,Novi Ligure Editore, 2010,pp. 116, 13 euro

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