I libri e l’amore, una sfida alla vita

«Gustava i libri con tutti i sensi: li odorava, li palpava, li baciava e li leggeva. Poi se li appoggiava sul petto dalla parte del cuore e li ascoltava in silenzio, per entrare nel gran ballo della vita dei personaggi. E i personaggi di carta diventavano ossa, carne e nervi, mentre lei si trasformava in inchiostro, carta e parole».

Sono i libri, la letteratura, quello straordinario impasto di «inchiostro, carta e parole» che sa smuovere i cuori e fa risplendere di luce nuova la vita, spazzando via le fitte ragnatele di un quotidiano stanco e polverosso per profilarne all’orizzonte un altro sgargiante e palpitante (sia pure solo sognato per un attimo), l’ancora di salvezza per Itria Panedda Nilis, la protagonista del nuovo romanzo di Salvatore Niffoi, Il lago dei sogni.

Il lago, o meglio le sue rive, sono il luogo in cui la giovane vedova costretta a un lutto rigidissimo dalle volontà ultime del marito-padrone - che l’ha minacciata anche sul letto di morte qualora avesse osato, dopo il suo interro, cercare l’amore altrove - si reca a urlare la sua gioia una volta trovatolo quell’amore, un bel giorno, nelle calde e possenti braccia di un capraio, ed essere tornata così a vivere, lasciando finalmente alle spalle la coltre che le aveva annerito, con gli abiti, anche il corpo e il cuore. Una sfida, la sua, alle maledizioni del compianto marito ma anche alle convenzioni sociali di Melagravida, un piccolo ammasso di case assiepate fra le pietre dure e aspre della Barbagia più profonda; una sfida che scardinerà pure le vite degli altri paesani, da anni costretti a notti nere e senza sogni dopo giornate trascorse a cavare pane e latte da una terra ostile e rancorosa. Una “magia” dagli esiti

devastanti, per Itria, cui sarà tosto strappato con la forza quel brandello di vita che aveva osato addentare e che Niffoi sintetizza con queste parole in avvio, distillando il suo linguaggio tutto sinestesie e azzardi linguistici: «La volta che Itria Panedda Nilis riprese a sognare era un pomeriggio di fine estate, con un sole che rosolava le carni e spaccava le pietre. A Melagravida i sogni se n’erano andati dopo una scossa di terremoto. Ma quel giorno Itria Nilis - conosciuta col nomignolo di Panedda per via delle sue carni morbide e bianche come il latte appena quagliato, e da un anno vedova inconsolabile - si era sentita come accesa da un fuoco, ed era corsa verso l’ovile del capraio Martine. Lui, quel fuoco che Itria aveva addosso, gliel’aveva spento volentieri, ma l’aveva pagata cara».

Di nuovo sola, dunque, e destinata precocemente ad avvizzire, Itria si butta nella lettura, radunando una grande biblioteca con l’aiuto del bibliotecario-becchino, convinto sostenitore dell’uguaglianza dei destini di uomini e libri - gli uni e gli altri condannati all’oblio. In compagnia dei libri, ascoltandone gli echi e i sussurri nascosti, ma anche tastandoli, coccolandoli, ponendoli a contatto col pulsare del proprio cuore, Itria risale piano piano dal pantano in cui rischiava nuovamente di affondare e si avvia a una nuova dimensione, che va oltre le logiche dello spazio e del tempo, portandosi con sé il giovane figlio, frutto di quell’istante d’amore vissuto sulle rive del lago, sottraendolo così a un domani di stenti, delusioni e rinunce.

È dunque un atto d’amore per la lett(erat)ura questo breve romanzo di Niffoi, lo scrittore sardo impostosi all’attenzione qualche anno fa con La vedova scalza, libro che gli valse un inatteso premio Campiello nel 2006 e al quale sono seguite altre prove non meno forti e valide, ma commercialmente meno fortunate. Realtà e finzione, vita e letteratura, azione e pensiero, si compenetrano come elementi di una miscela che l’altoforno dell’autore svuota delle rispettive impurità per saldarle fra loro e renderle una cosa sola, una lega indissolubile pronta per essere forgiata. Ci vogliono i guanti della pazienza (quella di non arenarsi davanti a un vocabolo oscuro e arcaico) per non scottarsi, ma quel materiale incandescente, opportunamente maneggiato, può regalare intensi momenti di lettura e di vita.

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