I Giochi di Hitler, l’ultima estate di una civiltà

No, non era per niente azzurro, il cielo sopra Berlino, in quell’agosto del 1936, quando gli occhi del mondo erano tutti puntati sugli eroi dei Giochi Olimpici. Un crepuscolo degli idoli, scandito a ritmi wagneriani dalle imprese di campioni divenuti leggenda: e le cui gesta, all’ombra dell’Hindenburg, avrebbero rappresentato il canto del cigno di una civiltà sull’orlo dell’abisso, lanciata come un Titanic verso l’iceberg della guerra e dell’Olocausto. Eccola qui, L’ultima estate di Berlino, un «romanzo di sport, passione e ferocia», anche se è bene sottolinearlo subito: benché Federico Buffa sia da sempre avvezzo a osservare le vicende umane attraverso quel coloratissimo caleidoscopio che è lo sport, quello scritto a quattro mani con Paolo Frusca, emergente autore bresciano appassionato di storia, è decisamente il meno sportivo dei suoi lavori.

E il più drammatico, per contenuti e per forma: tanto da essere approdato al catalogo Rizzoli previo un tour a teatro, dove l’”Avvocato” più popolare di Sky («il narratore Alfa», secondo una felice definizione di Aldo Grasso), all’esordio su un palco, ha trovato un adeguato proscenio alle proprie virtù di cantore, già note agli appassionati di basket e di calcio per la capacità di raccontarne le storie, i personaggi e le curiosità sotto lenti mai banali. Passione e romanticismo, aneddotica e costume, leggerezza e riflessione: e ironia, divertita, senza però mancare di una punta di malinconia, quando necessario, fin dai tempi dello scanzonato e folgorante esordio di Black Jesus. Ma di scanzonato, nell’allucinante viaggio a cinque cerchi condotto assieme a Frusca, stavolta non c’è nulla. E nulla potrebbe esserci, vista la tragicità della parabola raccontata. Attorno ai Giochi berlinesi, infatti, si consuma la delirante esibizione di onnipotenza della Germania di Hitler, nella quale l’odio razziale avvelena e ipnotizza un intero popolo. Il tutto mentre il mondo resta a guardare, più o meno inconsapevole, talmente ammaliato dal pathos della manifestazione da non accorgersi di quanto il mostro nazista stia facendo decollare il proprio folle disegno di supremazia. Uno scenario grottesco, nel quale il lettore è costretto a scindere lo sguardo: un occhio all’epica di gare entrate a buon diritto nella storia dello sport, l’altro al dramma umano di chi, dell’incipiente tragedia, comincia finalmente a prendere atto.

Per agevolarlo, tra personaggi veri e inventati, il tandem di autori divide anche gli oneri della narrazione: così, se attraverso il giornalista Dale Fitzgerald Warren è possibile rivivere alcune delle pagine più memorabili di quei Giochi, spetta al capitano Wolfgang Furstner, responsabile del Villaggio Olimpico, rivelarci in presa diretta come il demone dell’antisemitismo possa corrodere una nazione, emarginando fino alla disperazione anche coloro che, per quella patria, avevano rischiato la pelle.

Allori e orrori, insomma, di un’estate stordente, che il libro percorre veloce, anzi, velocissimo: come Jesse Owens, fuoriclasse dal cuore umile e dalle fibre esplosive, capace di conquistare le folle berlinesi nonostante la pelle nera, in sommo e beffardo sfregio al “grande dittatore”. Ed è qui che lo sport torna protagonista, prendendosi una rivincita anzitempo sulla storia, con la sua forza di rendere fratelli anche gli avversari. Come spiega Carl Lutz Long, beniamino di casa, svelando perché abbia rinunciato a un oro sicuro nel salto in lungo per evitare al rivale una clamorosa eliminazione: «Piace a tutti vincere. Ma che vittoria sarebbe stata, senza Owens in finale?». Perle di rispetto, amicizia e integrità, tra mito e verità; l’unica eredità da custodire di quella leggendaria e maledetta ultima estate...

Federico Buffa - Paolo FruscaL’ultima estate di BerlinoRizzoli, Milano 2015, pp. 302, 18 euro

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